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La coscienza del concepito
A partire dalla vita prenatale, il concepito è perciò in grado di avere degli scambi con il mondo esterno e di comunicare interiormente (Chamberlain, 2003), oltre che manifestare un atteggiamento intenzionale (Zoia et al., 2007), come dimostrato da osservazioni del comportamento fetale nell’utero materno.

L’intenzionalità rappresenta una caratteristica tipicamente umana e può fare in modo che la psiche interagisca con il corpo e di conseguenza con l’ambiente.
La psiche consente al concepito di avere una propria coscienza che diventa autocoscienza nel momento in cui comincia a manifestare la propria consapevolezza verso se stesso e l’ambiente circostante.

In virtù di questa coscienza che ha, come emerso da diversi studi, il bambino ha una capacità inconscia di comunicare e comprendere, quindi possiede la capacità di relazionarsi.

Per questo motivo assume notevole importanza il processo educativo e di cura, i quali richiedono a coloro che entrano in relazione con il bambino degli atteggiamenti di (Soldera et al., 2019):

- Accettazione: da coloro che si prendono cura di lui e dall’ambiente esterno; in questo modo il bambino si affida, si sente protetto e ciò favorisce una condizione di collaborazione

- Rispetto: rispettare i suoi ritmi e interessi, comprenderlo e riconoscerlo come un essere umano

- Valorizzazione: riconoscere il suo valore e le sue potenzialità interiori

Conclusioni

I genitori, così come l’operatore, possono entrare in contatto con la coscienza del bambino attraverso l’intenzione, l’atteggiamento e la parola.
È importante ciò che essi comunicano, poiché il neonato possiede una coscienza vigile responsiva che gli permette di vivere tutto quello che accade intorno a lui.
La disponibilità verso l’altro ma anche la collaborazione favoriscono la reciprocità creando così una relazione simmetrica tra l’adulto (operatore o genitore) e il bambino, questo cercando di dare delle risposte adeguate, attraverso un dialogo che diventa propositivo e creativo (Milani Comparetti, 1981).
Dal momento che il bambino possiede una propria individualità è compito dei genitori, ma anche degli operatori, favorire una relazione personalizzata che risponda alle caratteristiche e necessità di quel bambino.
Ciò significa mostrare una sensibilità nei confronti del bambino attraverso l’assunzione di un ruolo complementare a lui adattandosi alla progressiva organizzazione dei suoi ritmi biologici ed emozionali (Emde, 1980) e considerando il suo comportamento come intenzionalmente comunicativo (Fonagy et al., 2002).

Per questo possiamo affermare che una relazione interiore amorevole è per il bambino fin dalla vita prenatale espressione di un sano accompagnamento educativo, una fonte di salute e benessere e soprattutto un investimento che lo accompagnerà lungo l’arco dell’intera esistenza e che egli non mancherà sicuramente di contraccambiare con generosità nel corso della propria vita.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 23, Numero 1, anno 2022
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