Il periodo prenatale: un momento ricco di esperienze
La vita prenatale con le sue fasi evolutive ha sempre suscitato l’interesse dell’uomo, che grazie al grande contributo della scienza, della tecnica e di molteplici apporti multidisciplinari è riuscito negli ultimi decenni a scoprire la complessità dello sviluppo e delle esperienze a livello embrio-fetale che andranno poi a costituire la dimensione psichica ed emozionale dell’individuo.
Per molto tempo il mondo intrauterino è stato esplorato principalmente da un punto di vista medico, al fine di verificare e controllare il corretto e sano sviluppo prenatale.
Tale visione, superata grazie allo sviluppo degli strumenti e delle tecniche che hanno rivelato la straordinarietà e il fascino di una nuova vita, è stata anche arricchita dall’osservazione dell'attività fisica e psichica del feto. Questa attività ha origine durante i nove mesi dell’attesa e trova il suo fondamento nella relazionalità con il mondo extrauterino, ovvero nella comunicazione in primis con la madre e poi con tutto ciò che lo circonda fornendogli le prime informazioni ed esperienze.
Già nell’antichità il senso comune riteneva sicura la relazione tra madre e nascituro, ad esempio, alcuni secoli a.C. in Cina, nell’antico Egitto ed anche nella cultura ebraica si considerava il rapporto olistico tra il divenire del nascituro e la trasformazione della donna durante la gravidanza. L’interesse per il periodo gestazionale non è dunque recente, anche se i più importanti e significativi studi sulla vita prenatale sono iniziati a partire dagli anni ’60 con i dott.ri Ianniruberto e Tajani, ginecologi-ecografisti, che analizzarono il movimento fetale utilizzando le tecniche ecografiche sperimentate nel periodo tra le due guerre mondiali.
L'avvento delle moderne tecniche ad ultrasuoni hanno così consentito l'osservazione in tempo reale dell'attività spontanea embrio-fetale e delle sue reazioni alle più diverse stimolazioni.
Alcuni studiosi, grazie allo studio delle competenze psicofisiologiche evidenziate nel feto e delle sue capacità di rispondere a stimolazioni intra ed extrauterine, hanno cominciato a parlare di stati dell’“Io prenatale”. Ciò significa che fin dall’inizio della gestazione il nascituro è continuamente interessato da flussi esperienziali che vanno a formare e a costituire il suo Io. Ogni momento della vita embrio-fetale può essere considerato come un particolare “stato dell’Io”. L’Io è ciò che permette di entrare in contatto con il mondo esterno e che rappresenta l’insieme di ciò che proviamo, pensiamo e viviamo come emozione.
Quando un individuo ha esperienza della propria esistenza corporea e mentale, allora ha il suo Io. Dopo il quarto mese di gestazione il feto sente, tocca, si muove, risponde agli stimoli (suoni, rumori...), diventando protagonista della propria vita in un continuo contatto esperienziale e di consapevolezza del proprio ambiente vitale. Il feto ha una sua identità genetica e biologica ma anche una precisa identità psicologica. Tutto questo, perciò, fa ipotizzare che la formazione dell'Io abbia già origine nella vita embrio-fetale. Quando si fa riferimento alla fase dell'Io prenatale non ci si riferisce esclusivamente ad un preciso periodo della storia dell'individuo, ovvero la gestazione, ma si fa riferimento ad un insieme di stati dell'Io che caratterizzano la particolare fase prenatale della vita. Sarebbe quindi più corretto considerare la fase dell'Io prenatale nella sua dinamicità, ovvero nella sua globalità, come il risultato dell'intersecarsi di diversi stati dell'Io prepartum, che vanno a sommarsi con quelli del post- partum ( Soldera, 2000).
La nascita psicologica è primariamente determinata dalla relazione: insieme al bambino si sviluppano delle relazioni. Queste ultime, a loro volta, favoriscono la crescita, che prima di tutto è capacità di apprendere nell’esperienza.
Rivista Italiana
on line "LA CARE" Volume 22, Numero 3, anno 2021
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