Il feto partecipa attivamente alla propria sopravvivenza. Ognuno dei due riesce a procedere in sintonia con l’altro: le manifestazioni affettive (la paura, la gioia, l’angoscia) condizionano quelle biologiche attraverso la secrezione di ormoni che a loro volta sono in grado di determinare sentimenti diversi (angoscia, euforia ecc) .La placenta, attraverso la quale madre e feto sono uniti, favorisce tutto questo, non solo trasportando le sostanze nutritive necessarie all’accrescimento, ma permettendo un vero e proprio dialogo attraverso lo scambio reciproco di sostanze ormonali. Ci sono ormoni che dal feto passano all’organismo materno inducendo in esso modificazioni vascolari, metaboliche, umorali che creano le condizioni ideali per la gestazione. Ci sono peraltro ormoni, prodotti dalla madre, che vengono ricevuti dal feto come stimoli in grado di determinare il suo progressivo e armonico sviluppo .l corredo genetico è la principale base materiale della persona ed è dovuta ai codici genetici derivati dalla combinazione perfettamente bilanciata de geni paterni con quelli materni. Una parte di queste tendenze sono geneticamente immodificabili, una parte sono “epigeneticamente” modificate dagli influssi psiconeuroendocrini della madre. Il termine “epigenetica” è stato usato nel 1947 dall'embriologo e genetista inglese Conrad Waddington per descrivere la serie di fenomeni, poco noti allora e ancor oggi in parte oscuri, che portano dal medesimo genotipo a fenotipi differenti. Infatti se la ricerca dell'ultimo mezzo secolo ci ha consentito una buona comprensione del genotipo, non è tuttavia riuscita a spiegare le differenze fenotipiche che, in alcuni casi, sono incomprensibili se si ragiona solo in termini di genoma. Oggi diversi ricercatori pensano che il punto centrale della ricerca non sia il genoma, che ha un suo elevato grado di stabilità, bensì l'epigenoma che invece rappresenta l'interfaccia biologica delle relazioni tra individuo e ambiente. In questo quadro, i meccanismi epigenetici possono fornire una chiave interpretativa delle variazioni fenotipiche. Quindi possiamo dire che le fasi precoci dello sviluppo dell’individuo rappresentano finestre rilevanti per la definizione dell'epigenotipo.
I meccanismi epigenetici, tra cui metilazioni e acetilazioni del DNA, influenzano il modo in cui i geni vengono espressi e sono alla base della relazione tra organismo e ambiente. Esprimiamo i geni in base all’ambiente che incontriamo. Numerosi studi dimostrano come questa relazione geniambiente abbia la sua massima influenza proprio nella prima fase della vita: nella vita intrauterina e durante il primo anno di vita. Esiste una branca specifica definita
“Epigenetica Nutrizionale” che studia gli effetti che i diversi nutrienti possono avere nei confronti del DNA o della cromatina attraverso modifiche della loro espressione. Si può dire con certezza che il latte materno è un fattore epigenetico nutrizionale in grado di influenzare l’espressione genica e quindi il fenotipo. Ad esempio è stato dimostrato che l’allattamento al seno, in misura dose dipendente, modula l’effetto negativo del polimorfismo Pro12Ala del gene PPARy2 sul tessuto adiposo riducendo molto il rischio di obesità nel bambino allattato al seno rispetto a quello allattato artificialmente. Anche per quanto riguarda l’ipercolesterolemia, è stato dimostrato che il latte materno gioca un ruolo epigenetico positivo andando a determinare una down regulation dell’enzima idrossimetil glutaril CoA reduttasi epatica che riduce la sintesi endogena di colesterolo. I vantaggi sono anche per la madre in quanto donne con mutazioni patogenetiche del gene BRCA1 , che allattano al seno per un periodo cumulativo totale superiore ad un anno, hanno un rischio più basso di sviluppare carcinoma mammario rispetto a donne con le stesse mutazioni che non hanno mai allattato al seno. Il latte materno è sicuramente un fattore nutritivo in grado di influenzare l’espressione genica, si tratta ancora di dimostrare attraverso quali meccanismi. Il più delle volte si analizzano dati epidemiologici che valutano i vantaggi in termini di miglioramento dello stato di salute derivanti dall’allattamento materno, ma solo negli ultimi anni si sta indagando su quali possano essere i meccanismi epigenetici che comportano questi stati, alcuni sono stati già scoperti ed altri sono in via di studio.
Con il termine “bonding” si indica il processo tramite il quale il bambino e il genitore creano un legame, una connessione, un’intimità fra loro. Il bonding è un dialogo, un’esperienza fisica, emozionale, ormonale e relazionale tra madre, bambino e padre, un percorso articolato e complesso che inizia nel periodo prenatale, si consolida alla nascita e continua durante il primo anno di vita. Molteplici variabili influiscono sul suo divenire: l’ambiente, le caratteristiche genitoriali, il tipo di parto, lo stato di salute della mamma o del bambino. Numerose ricerche hanno messo in evidenza come sia possibile favorire il bonding. Tra i vari metodi di fondamentale aiuto è il “contatto pelle a pelle” ovvero la procedura che consiste nel lasciare, nelle ore successive al parto, il neonato ancora nudo fra le braccia della mamma. Questo perché le primissime ore dopo il parto sono il periodo più sensibile per lo stabilirsi di un rapporto intimo e profondo in cui la madre e il bambino si sintonizzino in un dialogo che inizia dal corporeo e si