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La coscienza del concepito
Nonostante le conquiste scientifiche dell’ultimo secolo, si è ancora lontani dal prendere consapevolezza del potere generativo dell’uomo e della donna e del valore determinante della fase del concepimento nella quale prende vita un nuovo essere umano. Si tende a trascurare l’importanza dei nove mesi di gestazione, durante i quali il feto è coinvolto in un dialogo continuo con l’ambiente circostante, in particolare con la madre, e riceve un imprinting dai genitori cominciando quindi a definirsi come essere.

Come riporta Chamberlain (2014), per gran parte del XX secolo è stata dedicata poca attenzione alla vita intrauterina da parte sia della medicina che della psicologia, pensando al cervello come unica unità di riferimento per conoscere la natura della mente e della personalità dell’essere umano.
Per poter comprendere meglio lo sviluppo dell’individuo è opportuno superare la corrispondenza, tuttora presente nella nostra cultura, tra cervello, mente e psiche, in quanto ciascuna di queste strutture funziona secondo modelli propri, pur essendo in relazione reciproca.
Si tratta perciò di adottare un approccio globale, dove la psiche, che rappresenta la parte interiore dell’essere umano, possa essere ritenuta parte dell’intero organismo.

Fin dagli antichi greci la psiche è considerata il principio vitale di ogni corpo vivente, perciò essere vivo significa essere un corpo animato (Pangallo, 2007). Si parte quindi dal presupposto che, senza l’anima o senza la psiche, l’essere umano fin dal concepimento non potrebbe vivere, essendo un insieme, nel quale la componente psichica non è scissa da quella biologica.
Ciò significa che lo sviluppo dell’essere umano non dipende, come si credeva in passato, solo dall’eredità e dall’ambiente, ma dall’interazione di queste due componenti con una terza, l’individualità, che rappresenta l’elemento psichico.

Come afferma Franz Renggli (2004), “il nascituro è fin dall’inizio un essere umano dotato di personalità e il feto è forse dotato di un più alto livello di coscienza, in quanto è più vicino all’origine, alla creazione. Con una certa esagerazione potremmo dire che un bambino, in questa prima fase della vita, è onnisciente, percepisce infatti tutto ciò che lo circonda: non solo l’ambiente circostante, ma anche il vissuto conscio ed inconscio e le emozioni dei genitori, in particolare quelle della madre.”

La psiche è quindi già presente al momento del concepimento a livello inconscio con la propria individualità, costituita dalla combinazione unica e irripetibile del patrimonio ereditario maschile e femminile, messo in campo dai genitori nella fase generativa. L’individualità, cioè la componente psichica, ha una propria progettualità, ed è integrata con l’elemento ereditario che interagisce con l’ambiente, del quale ne risente l’influenza.
Conoscere la struttura della psiche ci permette di comprendere meglio lo sviluppo dell’essere umano, ma soprattutto gestire con maggiore consapevolezza il processo educativo.

La fusione dell’ovulo con lo spermatozoo forma l’Io che ha nella sua unicità, una precisa identità biopsichica, ben rappresentata dal genoma, denominato dallo psichiatra francese Bayle (2005) “psicogenoma”.
Attraverso l’attribuzione del nome nel sistema relazionale, tale psicogenoma assume una connotazione precisa. L’identità rappresenta l’elemento determinante per costruire un’autentica relazione “IO-TU”, per sua natura reciproca e contribuisce a costruire il “NOI”.

Risulta essere molto importante riconoscere fin da subito questo “TU” perché quando la madre e il padre entrano in relazione con il figlio (TU), si creano degli scambi che portano ad una reciproca modificazione.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 23, Numero 1, anno 2022
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