Rivista Italiana online la "Care"
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INTERAZIONE FUNZIONALE Bambino-Genitore
Prof. A. Giustardi, Dr.ssa A. De Martino, Dr.ssa A. Semjonova

“Non vi è alcuna esperienza che possa tener testa alla forza del primo contatto tra i genitori ed il loro bambino. Essere parte di questa esperienza come madre e come padre, significa partecipare a uno dei rari miracoli della vita. Il flusso di amore che si viene a formare tra madre, padre e bambino è un’emozione palpabile che li accompagnerà per tutta la loro esistenza.”
(A. Giustardi 2012)


Poiché in medicina perinatale si studia la persona nella sua globalità e complessità, a maggior ragione per i pazienti pediatrici è fondamentale valutare il bambino inserito nel suo contesto famigliare, ed in particolare nei primi mesi di vita valutare la coppia madre neonato. Ancor più ciò è valido per i neonati umani in quanto, rispetto ai cuccioli di altri mammiferi che relativamente presto raggiungono un certo grado di autonomia, sono completamente dipendenti dalla genitrice, dalle sue cure e non sono in grado di sopravvivere senza il sostegno della stessa o di chi per lei. Comprendere la relazione tra madre e figlio significa entrare all’interno di questa complessa realtà, che si costruisce già in utero e continua a svilupparsi e a modificarsi con la nascita, l’allattamento e la crescita. Questo sforzo del terapeuta, anche se oneroso e difficile, è fondamentale nell’analisi dei casi pediatrici, perché una valutazione disgiunta dei due non può portare ad un risultato realmente proficuo e significativo .L’allattamento è la prima forma di relazione intima dopo la gestazione ed il parto tra madre e neonato: è il primo momento di confronto tra questi due esseri, che da una sorta di unità si realizzano nella dualità; devono imparare a conoscersi e ad adattarsi uno all’altro.I problemi che insorgono in questo periodo posso essere di diverso tipo e relativi sia a difficoltà del neonato (mancata suzione, ipotonia, basso peso alla nascita, ecc...) che della madre (ipogalattia, ragadi, ingorgo, ecc...) e impongono una valutazione complessiva della situazione.Il dialogo e l’interazione tra madre e bambino inizia biologicamente fin dal concepimento, prosegue adattandosi durante la gravidanza e continua a fondare le sue basi nei primi mesi di vita del bambino.

Questo imprinting è fondamentale perché genera nelle reti neuronali del nascituro, un modello di programmazione ripetibile in futuro. Questa maturazione avviene attraverso le esperienze che il feto in utero e il neonato dopo la nascita, sperimenta nella relazione con l’altro, nello specifico la madre, e con l’ambiente che circonda la madre. Le neuroscienze hanno permesso di evidenziare per via sperimentale che sono le esperienze che consentono la creazione delle reti neurali, la moltiplicazione delle connessioni sinaptiche, la selezione e l’attivazione di alcune popolazioni neuronali, piuttosto che di altre: lo sviluppo mentale è in massima parte risultato di una esperienza, quindi implica un apprendimento. Questo apprendimento inizia in utero tra mamma e bambino che dialogano effettivamente nelle loro interazioni, secondo i concetti relazionali di sintonizzazione affettiva.

L’allattamento al seno materno diventa uno strumento di comunicazione fondamentale in questa dimensione di dialogo, perché garantisce la possibilità di mantenere le stesse modalità di comunicazione iniziate già in utero, essendo il latte ricco di ormoni materni. Durante l’allattamento il bambino è avvolto nelle braccia materne, sente il pulsare dei battiti del cuore, sente l’odore della pelle della propria madre, vede i suoi occhi e capisce di essere amato perché la sua fame viene saziata e le sue paure placate da questo abbraccio. La vita del bambino inizia come vita di coppia e incomincia molto prima della sua nascita. E’ noto che gli stati d’animo della madre durante la gravidanza vengono percepiti dal bambino quasi come se fossero propri. Le emozioni materne -paura, rabbia, tristezza, modificando la biochimica dell’ambiente uterino e possono riflettersi sul bambino con conseguenze immediate e/o a lungo termine. Una madre ansiosa e depressa durante i mesi dell’attesa trasmette al feto nell’utero le sue sensazioni, cosicché questo si “impregna” di esse, “come se respirasse i vapori di una nube tossica”. Si è visto che i cuccioli nati da una madre fortemente stressata in gravidanza nascono con un numero più elevato di recettori per il cortisolo e sono quindi più vulnerabili di fronte agli stimoli dell’ambiente esterno: è come se vivessero in continua tensione, sempre all’erta e con la paura di possibili, imminenti pericoli. Da questo esempio si può dedurre quanto sia complessa ciascuna relazione che si instaura tra madre e figlio, e come questa relazione abbia radici lontane, conscie e inconscie, profondamente influenzate dall’ambiente in cui madre e bambino si trovano a crescere.

Rivista Italiana online "La Care" Vol 3 No 1 anno 2015
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