Rivista Italiana online la "Care"
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Il taglio cesareo elettivo è un fattore di rischio di depressione, ansia e anedonia nel post-partum
L. Giliberti, G. Soldera, F. Volpe, G. Straface, V. Zanardo

dell’anestesia loco-regionale, andando così ad influenzare sia il livello di dolore percepito della donna che partorisce per via laparotomica, sia sulle capacità di allattamento al seno, sia sulla gestione del dolore post-operatorio dovuto ad un parto cesareo, aiutando la donna nella presa in carico del bambino già dall’immediato post-operatoio e quindi nel legame madre-figlio, facendo sì che la donna possa percepire il taglio cesareo più accettabile con tassi di complicanze più basse rispetto al passato. Questo progetto di studio ha dato una chiara stima dei fattori di esposizione (modalità di parto) prima che si verifichino (sintomatologia EPDS), permettendo così di poter ben affermare che le lesioni, sia fisiche che psicologiche secondarie ad un parto cesareo elettivo abbiano orientato le conclusioni. I risultati hanno importanti implicazioni per la politica sanitaria, perché molte donne nelle aree e nei paesi industrializzati, scelgono volontariamente di partorire con taglio cesareo, senza una prescrizione o motivazione medica sottostante. I risultati dovrebbero contribuire ad incoraggiare invece queste donne a scegliere di partorire naturalmente per via vaginale.

Sebbene il test EPDS sia stato ampiamente utilizzato, per decenni, per lo screening di donne a rischio di DPP, negli ultimi anni è stato proposto non solo come strumento di misurazione della depressione, ma anche di altre sfere psicologiche. Uno studio ha suggerito come lo strumento possa essere misuratore di un disagio generale a livello psicologico, piuttosto che una scala unidimensionale di depressione [19]. La struttura multifattoriale della scala EPDS è già stata suggerita in altri studi, e diversi autori hanno scoperto come l’EPDS possa essere in realtà scomposto da una lettura multifattoriale in due o tre sottoscale [36], con una dimensione secondaria riguardante la sintomatologia ansiosa ampiamente riconosciuta [19,25] e con una dimensione aggiuntiva di sintomi anedonici. L’esatta identificazione di questi tre fattori, tuttavia, differisce nei vari studi [20]. In alcuni lavori infatti, gli item1 e 2 sono stati spesso accorpati nella componente depressiva, a causa di una maggiore affinità con gli aspetti depressivi piuttosto che con la sintomatologia ansiosa, ma i metodi analitici più fini, permettono di differenziare gli aspetti anedonici dalla depressione [20]. Gli item 3, 4 e 5 sono stati nella maggior parte degli studi raggruppati in un unico fattore riguardante la componente ansiosa, dando una definizione della scala sicuramente robusta e indipendente, che non viene certamente messa in discussione in base alla metodologia utilizzata per la lettura del test. L’item 6 è associato in modo variabile agli item 3-5, dunque inserito in una componente ansiosa, ed anche

 nel nostro studio è stata seguita questa linea guida.

In questo studio, tutti i punteggi ≥9, sono stati valutati come indicativi di sintomatologia depressiva. Seguendo le linee guida di un influente e ampiamente citato articolo [37], abbiamo adottato una struttura a tre fattori EPDS, andandoli ad identificare come scala depressiva, scala ansiosa e scala anedonica, in accordo con quelli rilevati da Tuohy e Mc Vey [19]. E’ importante valutare i risultati muti-fattoriali con la dovuta cautela, non essendo stato ancora l’EPDS validato per una lettura sulla base delle sue sottoscale, anche se si sono osservate numerose associazioni statisticamente significative. In accordo con alcuni autori [19], riteniamo che proprio per la capacità della struttura EPDS di valutare differenti disagi dello spettro psicologico materno, un alto punteggio totale EPDS non vada necessariamente a rappresentare un alto rischio di depressione: un alto punteggio potrebbe essere influenzato totalmente una singola sottoscala, e questo spiegherebbe anche la scarsa sensibilità e attendibilità del test, se somministrato nei primi giorni dopo il parto, come riportato da Petrazzi e Gagliardi [20]. Infatti nei nostri risultati emerge come possa essere statisticamente significativa anche una sola scala, come succede nel caso di donne che hanno partorito con C U rispetto a donne che hanno partorito con V, e come questo in precedenza potesse essere confuso come una maggiore predisposizione a sviluppare DPP in queste donne [19].

Il presente studio ha però anche alcuni limiti che devono essere sottolineati. In primo luogo, non possiamo confermare la diagnosi di DPP nel nostro campione di donne con C E Ci possono essere anche molte ragioni personali per cui una donna può aver scelto di avere un taglio cesareo elettivo, tra cui la paura del dolore percepito durante il travaglio ed il parto, o per paure legate al tono vaginale nel post-partum [15]. In secondo luogo, noi sappiamo che l’EPDS, e non le sue sottoscale, è stato validato come strumento di screening per quanto riguarda i suoi punteggi più alti, ma non è uno strumento diagnostico. In terzo luogo, abbiamo studiato un campione di mamme con bassa e tardiva fertilità, e con alti tassi parto cesareo. Tuttavia, questo non dovrebbe invalidare i nostri risultati, perché le variabili demografiche generali del campione da noi studiato erano simili tra i differenti gruppi di mamme. Infine, su un piano più ampio e generale, uno studio osservazionale di questo tipo non può garantire che le relazioni osservate rappresentino fattori causali. In ogni caso, il nostro studio, dimostra che l’EPDS sia in grado di rilevare il disagio psicologico nei primi giorni successivi al

Rivista Italiana online "La Care" Vol 3 No 1 anno 2015
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