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Unità gestante-feto come base del presente e futuro sviluppo del bambino
Diversi autori sostengono che già alla nascita ogni individuo possiede una predisposizione sociale innata, che lo prepara ad avere rapporti con altre persone, anche se non è ancora capace di relazioni sociali reciproche e non possiede ancora il concetto di persona.
Tra madre e neonato le interazioni sono possibili perché fin dalla nascita è presente nel bambino una forma e una capacità di intersoggettività molto prima che egli diventi capace di comunicare verbalmente o gestualmente.

Per Trevarthen si tratta di un’intersoggettività primaria, cioè una competenza le cui basi sono determinate geneticamente e che si esprime in molti e diversi modi, come testimonia pure la capacità di imitazione precoce del neonato. Quindi il comportamento sociale del bambino sin dalle prime fasi è già in qualche modo strutturato, e alla madre spetta il compito di adattare il suo comportamento ad un’organizzazione comportamentale già disponibile nel bambino.
La funzione materna con la sua presenza costante, col rispetto dei ritmi attività/pausa, con l’alternanza del turno nelle vocalizzazioni, fornisce al bambino la prima esperienza della struttura di base delle comunicazioni. È proprio attraverso questi primi dialoghi che il bambino imparerà le nozioni di reciprocità e di intenzionalità che stanno alla base del linguaggio e delle relazioni sociali vere e proprie.

L’esperienza di “essere con l’altro” e di interagire con lui rappresenta una delle più significative esperienze della vita sociale. Ciò si completa se il senso di essere con l’altro è considerato una modalità attiva di completamento di due unità distinte (il Sé e l’altro), dove il bambino è parte integrante di una matrice sociale e dove gran parte della sua esperienza consegue alle azioni degli altri. Il bambino è attivo nella relazione fin dalla nascita, rivelandosi in grado di stimolare interazioni, di parteciparvi e di rispondere.
Quindi il neonato nasce competente e con un’innata predisposizione a fare esperienze affettive, e in questa prospettiva alla madre spetta il delicato compito di fungere per lui/lei da Io ausiliario (ibid.).
Sarà fondamentale lo sviluppo delle qualità emozionali ed umane, l’empatia e, soprattutto, la competenza di sintonizzazione affettiva e di vicinanza emozionale fornite dalla gestante come base sicura asserisce che da quanto positivamente procede il primo anno di vita da un punto di vista affettivo, dipende l’evoluzione di tutta la vita psichica e relazionale futura.
Se, la libera espressione del Sé e degli affetti dovesse incontrare incomprensione, umiliazione, disapprovazione, rifiuto, il bambino imparerà molto presto a controllare le emozioni «bloccando i muscoli espressivi dell’emozione negata».

Solamente con un Vero Sé l’individuo avrà un senso di unità e interezza, rendendo spontanei i suoi gesti; in altre parole, l’individuo cresciuto in una relazione stimolante, rispettosa e protettiva col genitore, può diventare crescendo una persona veramente socievole, costante nelle relazioni, in sintonia col mondo.
 
Solo il vero Sé, sostiene Winnicott è il luogo della prima azione creativa del bambino, che lui chiama gesto spontaneo, e può essere un sorriso, una vocalizzazione, un movimento del corpo: la cosa importante è che sorge dal nucleo emozionale del bambino.

Egli non imita solamente il suo caregiver, ma crea qualcosa di spontaneo e di totalmente originale.

Il compito del genitore è di osservare e incoraggiare ogni gesto spontaneo e creativo, evitando di interferire col suo controllo o il suo giudizio o con modelli di riferimento, ricordando che tutto dipende dalla qualità e quantità del suo supporto affettivo.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 23, Numero 1, anno 2022
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