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Il pianto del neonato
Solamente nel momento in cui i genitori riescono a ritrovare la connessione con il proprio corpo - e questa è una differenza fondamentale rispetto ad altri approcci della consulenza genitori-neonati - si dà spazio anche al piccolo perché questi possa esprimere i suoi sentimenti e il suo stato di stress.
Pertanto l’urlare non è esclusivamente indice di una tensione scaturita da deficit interiori o da un’interazione mal riuscita. E’ piuttosto il risultato della memoria del corpo del piccolo, che esprime le esperienze sconvolgenti del periodo della gravidanza, del parto e del primo periodo di vita rimaste impresse nella memoria cellulare. Il ricordo delle lunghe ore in cui è rimasto “bloccato” durante il travaglio oppure degli interventi invasivi nella fase successiva al parto può essere riattivato e nuovamente vissuto dal neonato all’interno della consulenza.
Tuttavia - e questo è il punto chiave - solo a condizione che questa volta i genitori del piccolo siano emotivamente disponibili, presenti e in grado di relazionarsi.
Questa attenzione nei confronti della funzione di co-regolatori dei genitori è quindi il principio fondamentale nella nostra prassi. Questa visione dei traumi sviluppatisi nelle fasi pre-peri e postnatali fondata sul legame è una caratteristica del PSE (pronto soccorso emozionale). A differenza degli approcci di consulenza basati sul comportamento, viene dato un certo spazio alla considerazione di queste precoci ferite derivanti dal periodo della gravidanza e del parto, nella convinzione che il recupero della capacità di legame e di regolazione del neonato può avere successo solamente se queste ferite vengono adeguatamente riconosciute, considerate e integrate. Solo allora, quando abbia recuperato interamente la capacità fisica di autoregolazione, il neonato potrà lasciarsi andare completamente nell’incontro con i genitori, godere della loro vicinanza ed essere in grado di costruirsi un senso di sicurezza.
La sicurezza del legame traspare dalla capacità, sia dei neonati che dei genitori nella stessa misura, di ritornare ad uno stato di rilassamento corporeo e di capacità di apertura.
Diversamente dalle terapie prenatali, che si concentrano prevalentemente sull’elaborazione dei traumi prenatali del piccolo, adottiamo piuttosto un duplice approccio.
L’importante è sempre che i genitori vengano coinvolti per primi perchè essi devono inizialmente ritrovare la connessione con il proprio corpo, per essere poi nuovamente capaci di percepirsi e di relazionarsi.
Solamente a questo punto è il turno del neonato, che ora potrà “raccontarsi” e liberarsi delle sue esperienze dolorose.

Linee Guida Consulenti AICIP

Le nostre Linee guida prevedono un approccio al problema attraverso 7 fasi - ampiamente descritte in un nostro precedente articolo - che seguono uno schema ben preciso:

Fase 1: Raccolta di informazioni
Fase 2: Esplorazione comportamentale
Fase 3: Auto contatto interiore tramite respiro addominale, percezione corporea e visualizzazione
Fase 4: Processo di rilegame - rebonding
Fase 5: Esplorazione della nuova situazione
Fase 6: Intimità
Fase 7: Sviluppo di nuove prospettive di azione in relazione al problema originale.


L’obiettivo di questo trattamento è di sostituire le forme di contatto di compensazione attraverso forme di rapporti appaganti e stimolanti.
Non importa se come genitori o come terapeuti, in ogni caso attraverso i bambini siamo costretti a confrontarci con noi stessi.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 13, Numero 4, anno 2018
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