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Il pianto del neonato
La consulenza AICIP si differenzia dagli altri approcci di consulenza in questo campo essenzialmente per il modo alternativo di porsi nei confronti del problema del pianto del neonato.
Nel nostro approccio infatti non abbiamo lo scopo di interrompere e reprimere il pianto, bensì di assumere un atteggiamento diverso, nel momento in cui si interviene nella situazione di crisi.
Il problema non sta nel pianto stesso, si tratta piuttosto di trovare nuovi percorsi insieme ai genitori, percorrendo i quali essi riescano a ritrovare sicurezza e fiducia in se stessi nell’accompagnare i propri piccoli a livello emozionale. Certamente non è una strada facile perché i neonati che piangono incessantemente mettono ben presto a dura prova i meccanismi di protezione psichici e fisici dei propri genitori. Le urla dei piccoli, a livello inconscio, riportano i genitori a rivivere le proprie “lacrime non piante” e a percepire il dolore delle ferite della propria biografia infantile.
Una conseguenza di questo sconvolgimento nell’adulto che accudisce il piccolo che urla, è l’emergere di sentimenti assillanti quali la perplessità, l’impotenza, la solitudine, la delusione o la rabbia furiosa, che fino ad allora erano stati repressi.
Le urla del neonato risvegliano quindi negli adulti lati della loro personalità che sboccano creando problemi, come una sorta di “fantasmi”, che impediscono principalmente ai genitori di assolvere al loro compito di co-regolatori dei propri piccoli.
Questo compito sta essenzialmente nel riconoscere in modo sufficiente il linguaggio emozionale, i gesti e i bisogni del neonato, per poi decifrarli e infine, con una buona dose di calma interiore, dare loro una direzione più tranquilla.
Di fronte ai ripetuti episodi di pianto, molti genitori si chiedono come riuscire a mantenere la calma interiore se il neonato urla disperatamente ed esprime con ogni fibra del suo corpicino che qualcosa di importante non sta funzionando come dovrebbe.
Nell’angoscia in cui piombano i genitori dei neonati che urlano eccessivamente,
molto spesso per ottenere un miglioramento non basta indicare agli interessati come comportarsi, ad esempio quando prendere in braccio il bambino, come parlargli oppure dare consigli su come organizzare la quotidianità. Nonostante l’adozione di queste misure resta comunque spesso senza risposta una domanda decisiva: come possono riuscire i genitori ad accompagnare i propri piccoli che piangono disperatamente se loro stessi sono estremamente agitati e vorrebbero fare di tutto per liberarli dalla loro sofferenza? Cosa può fare una mamma concretamente per superare la sua tensione interiore e lo stress che vive in momenti così difficili? In che modo può prepararsi per non farsi coinvolgere dal vortice di emozioni intense del suo piccolo?
Il nostro approccio presuppone che, per ottenere risultati attraverso la modifica comportamentale dei genitori, si debba riuscire innanzitutto a migliorare lo stato di regolazione del corpo. Infatti una mamma insicura, che tenta di calmare il suo piccolo, avrà difficilmente successo se il suo corpo continua ad essere in una situazione di stress e di emergenza. I piccoli hanno delle antenne sensibili e percepiscono immediatamente se chi li accudisce è inquieto, teso e fortemente agitato.
Dal punto di vista dei neonati, questi segni di tensione dei genitori sono i primi indizi che la base di sicurezza corre il rischio di andare perduta. Quindi il neonato fa qualcosa di molto razionale e di vitale importanza, comunicando attraverso il pianto intensivo e l’agitazione corporea all’ambiente circostante, che le sue condizioni vitali sono minacciate.

Pianto del neonato e memoria del corpo

Nelle nostre consulenze diamo priorità innanzitutto al fatto che i genitori riescano a sentirsi nuovamente sicuri nel proprio corpo perché se vogliono accompagnare i propri piccoli attraverso la cruna dell’ago delle loro violente esplosioni emotive devono stare con entrambi i piedi per terra.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 13, Numero 4, anno 2018
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