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Rooming in: un obiettivo da conseguire
I ricercatori hanno valutato gli effetti della separazione dalla madre alla nascita monitorando i battiti del loro cuore per due giorni in cui sono stati lasciati soli in una culla.

I risultati, pubblicati sulla rivista Biological Psychiatry, hanno evidenziato che i livelli di stress nei neonati crescevano del 176 per cento quando erano da soli, inoltre, l’86% ha avuto un sonno agitato.
Il dottor Barak E. Morgan e gli altri studiosi hanno condotto la ricerca partendo dal presupposto che in Occidente è una pratica ancora molto diffusa in ospedale quella di separare madri e neonati.
Tale separazione non avviene soltanto nel caso di neonati prematuri o con problemi medici, ma anche con quelli sani, i quali vengono posti nelle culle e messi per diverso tempo in un’altra sala a riposare. “Questo documento mette in evidenza il profondo l’impatto della separazione della madre sul bambino – ha commentato il dottor John Krystal, direttore di Biological Psychiatry – Sapevamo che questo era stressante, ma questo studio suggerisce che questo è un importante fattore fisiologico di stress per il neonato”.

Il luogo del parto dovrebbe essere il più simile possibile all’utero materno; un ambiente calmo, quieto, caldo e confortevole nel quale madre e figlio possono rilassarsi e creare il loro legame; caratterizzato da luci soffuse che passando attraverso la parete uterina abituano il nascituro ai cicli del giorno e della notte. Nella sala parto invece, il neonato verrà investito da luci intense sin dal momento in cui la testa emerge dal canale del parto. Nell’utero la temperatura è di circa 37° mentre la temperatura nelle sale parto è decisamente infe-riore, portando i neonati a tremare non appena il sottile strato di grasso e pelle perde calore, questo perché i neonati non sono ancora in grado di adeguare la loro temperatura corporea a questi ambienti. Infine, altri studi ci insegnano che i bambini che stanno al nido durante la notte piangono di più, e hanno più difficoltà con l’allattamento rispetto a quelli che stanno con le loro mamme.
Il Rooming-in, ossia la permanenza di madre e bambino nella stessa stanza 24 ore su 24 durante la degenza, è una delle pratiche ospedaliere più efficaci nel favorire l’allattamento al seno. Grazie al Rooming-in la madre può allattare a richiesta il neonato e più frequentemente, e in questo modo si anticipa la montata lattea.

Il Rooming-in presenta inoltre altri vantaggi:
• facilita il processo di bonding tra genitori e neonato
• rappresenta un’occasione per la neomamma di confrontarsi subito con i segnali ed i bisogni del suo bambino
• ha un impatto positivo sulla prevenzione delle infezioni ospedaliere e crociate del neonato.

Scopo di questo studio è stato di valutare a distanza di 6 mesi la sua efficacia, prevalentemente per quanto riguarda l’allattamento al seno, attraverso un questionario anonimo somministrato alle madri in dimissione. Dai risultati ottenutisi si può affermare che tale pratica è risultata efficace. L’83% delle madri in dimissione ha allattato esclusivamente al seno, ed il 97% ha dichiarato di voler continuare ad allattare al seno dopo la dimissione.

Dal 1991 l’UNICEF e l’OMS hanno promosso una campagna mondiale chiamata “Iniziativa Ospedale amico del bambino” con l’obiettivo di mettere a disposizione del neonato e della madre, un ambiente adatto a promuovere, supportare e proteggere l’allattamento al seno nei punti di nascita.

Tra le 10 regole a cui devono attenersi scrupolosamente gli Ospedali per poter essere qualificati come “amici del bambino” viene inserita la pratica del rooming-in, ossia la permanenza di madre e bambino nella stessa stanza nell’arco delle 24 ore a partire dal momento in cui la madre risulti in grado di rispondere dopo il parto alle richieste del suo bambino.”
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 16, Numero 3, anno2019
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