Psicopatologia perinatale
Il ruolo dello screening precoce nell’epoca perinatale
Nonostante l’American College of Obstetricians and Gynaecologists (ACOG, 2006) abbia raccomandato di effettuare uno screening ad ogni trimestre di gravidanza, e che le linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (Demott et al., 2006; National Collaborating Centre for Mental Health - UK, 2007) sottolineino l’importanza di riconoscere e trattare precocemente la psicopatologia perinatale, il ruolo dello screening precoce e l’utilità di predisporre interventi preventivi nei casi a rischio non sono ancora stati sistematicamente. valutati in letteratura (Gaynes et al., 2003). Anzi, secondo Robertson, Jones, Haque, & Craddock (2005), solo il 5% delle donne che manifesta un disturbo mentale in epoca perinatale riceve un trattamento, da quello psicologico a quello farmacologico. Risultati simili sono stati riscontrati anche successivamente (Flynn, Blow, & Marcus, 2006), i quali sottolineano la necessità di migliorare lo screening, per favorire l’identificazione e l’intervento sulla depressione.
Uno dei benefici dello screening precoce della psicopatologia perinatale è l’altrettanto precoce intervento terapeutico, fornito sulla base dell’esigenza: questo significa riduzioni in termini di fatica, di costi e, soprattutto, di sofferenza (Leung et al., 2010). Nel loro studio, Leung et al. (2010) sottolineano, da un lato, la validità dell’EPDS come strumento di screening per i sintomi depressivi al 2° mese di gravidanza e, dall’altro, l’importanza dello screening stesso e delle valutazioni follow-up nel migliorare la salute delle madri al 6° mese postpartum.
Ritornando alla revisione di Gaynes et al. (2005), oltre a valutare le stime di
prevalenza ed incidenza, questi autori hanno cercato di valutare gli effetti
dello screening e degli interventi precoci.
Sebbene gli studi non fossero stati disegnati per tale scopo e che la maggior parte degli studi avesse utilizzato interventi psicosociali, tra cui psicoeducazione sulla depressione perinatale e su come gestirla, fornire informazioni sullo sviluppo e sulla cura del bambino, incentivare lo sviluppo di aspettative realistiche riguardo la gravidanza, la nascita e sul diventare madre, identificazione dei ruoli di transizione, maturare strategie di sviluppo o di rinforzo del supporto sociale: solo 3 studi su 8 hanno dimostrato l’efficacia degli interventi psicosociali durante la gravidanza nel ridurre i sintomi depressivi, rispetto al gruppo di controllo (Elliott et al., 2000; Zlotnick, Johnson, Miller, Pearlstein, & Howard, 2001; Zlotnick, Miller, Pearlstein, Howard, & Sweeney, 2006). Sempre da Gaynes et al. (2005), su 9 studi che avevano impiegato interventi psicosociali, 6 di questi mostravano un miglioramento significativo per le donne a cui era stato offerto rispetto a coloro che non ne avevano usufruito (Armstrong et al., 1999; Chabrol et al., 2002; Chen et al., 2000; Dennis, 2003; Hiscock & Wake, 2002; Honey, Bennett, & Morgan, 2002).
Recentemente, è stato condotto il primo grande studio randommizzato sull’efficacia dello screening e del follow-up nella DPP (Yawn et al., 2012): 2343 donne sono state reclutate tra la 5° e la 12° settimana dopo il parto, e sono stati utilizzati l’EPDS come strumento di screening e il 9-item Patient Health Questionnaire (PHQ-9) come strumento diagnostico. I risultati hanno mostrato un effetto del programma, riscontrato dalla presenza di maggiori tassi di diagnosi, di trattamento e di richieste per valutazioni psichiatrica rispetto al gruppo senza intervento.
Anche i Disturbi D’Ansia non dovrebbero essere sottovalutati, soprattutto alla luce di alcune evidenze che indicano i sintomi ansiosi tra i fattori di rischio più forti per lo sviluppo di DPP (Andersson et al., 2003; Milgrom et al., 2008); come sottolineato da Rambelli et al. (2009), una storia personale o familiare di Disturbo di Panico dovrebbe essere considerato un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di DPP.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 20, Numero 1, anno 2021
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