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Rooming – in: tra buone pratiche e influenza dei social media

Introduzione

Per Rooming – in letteralmente si intende “stare insieme dentro la stanza” ed indica un modello assistenziale promosso, a partire dagli anni 90’, da OMS e UNICEF attraverso l’iniziativa Ospedale Amico dei Bambini, con l’obiettivo di garantire negli ospedali l’applicazione di procedure e modelli organizzativi di comprovata efficacia, che sostengono, promuovono e proteggono l’allattamento. Negli ospedali in cui è presente, madre e neonato hanno la possibilità di stare insieme 24 ore su 24, condividendo la stessa stanza, a partire dalla nascita. In Italia, il Rooming – in non è una pratica obbligatoria e le modalità di svolgimento dipendono dalla struttura ospedaliera: deve essere vissuto come un'opportunità, non come un'imposizione, e deve essere offerto senza regole fisse, lasciando alla mamma la libertà di scegliere se e per quanto tempo effettuarlo. Può essere gestito in vari modi, purché il principio fondamentale sia quello di consentire alla madre libero e facile accesso al neonato grazie alla sua vicinanza fisica.

Alla nascita del primo figlio la mamma potrebbe avvertire una sensazione di incompetenza ed essere spinta alla ricerca di informazioni sul web. Internet è dunque diventato un luogo di passaggio di informazioni che per le donne e per le mamme sono fondamentali; alcune mamme, utilizzando le piattaforme 2.0, iniziano a scrivere il proprio diario personale pubblico in rete, sotto forma di blog come strumento di sfogo personale o per parlare delle proprie passioni. Altre volte l’utilizzo di Internet come veicolo sociale avviene attraverso forum e portali dedicati alle mamme nelle quali vengono dati consigli su ogni genere di problema e dove tutte possono prendere voce partecipando attivamente con commenti, post, e chat.
I recenti fatti di cronaca hanno scosso la popolazione femminile e hanno portato a dubitare della pratica del Rooming – in e dell’assistenza che viene erogata. Sono nati dei movimenti nei quali è stata offerta alle donne la possibilità di raccontare la propria esperienza in merito al parto, al puerperio e alla maternità, le difficoltà che hanno incontrato e quali sono le considerazioni che hanno in merito al Rooming – in.

L’obiettivo dello studio è stato quello di capire il ruolo dell’influenza digitale sulle mamme nei confronti del Rooming-in e come l’informazione scientifica, divulgata dagli operatori sanitari, può aiutare le donne a far vivere con consapevolezza e serenità l’evento nascita.

Materiali e metodi

Lo studio condotto ha previsto due fasi: una di revisione della letteratura internazionale sul tema d’indagine e una fase di raccolta dati condotta tra Aprile e Maggio 2023 attraverso la somministrazione di un questionario anonimo.

Campione

Il questionario è stato somministrato su scala nazionale a tutta la popolazione femminile, utilizzando i social media, raccogliendo 318 risposte. I criteri di inclusione riguardavano: essere di sesso femminile e avere 18 anni compiuti. Il campione è stato suddiviso in due sottogruppi: le donne che hanno affermato di essere già madri (266) e le donne che ancora non hanno figli (52). Al primo sottogruppo sono state effettuate delle domande aggiuntive per valutare l’esperienza passata nel reparto di Rooming – in, per chi ne ha avuto la possibilità. Entrambi i sottogruppi hanno poi risposto a domande relative all’influenza che ha impatto mediatico sulle scelte, passate e future, relative al percorso nascita.

Risultati

Delle donne che hanno affermato di essere già madri (266), il 92,5% (246) ha dichiarato la presenza del Rooming – in nell’ospedale in cui ha partorito, contro il 7,5% (20) che non ha avuto modo di usufruire di questo modello assistenziale. È opportuno inoltre considerare che la zona d’Italia in cui le donne hanno partorito è così distribuita: 36,5% (97) nel Sud Italia, l’1,1% (3) nelle Isole, il 58,6% (156) nel Centro Italia e il 3,8% (10) nel Nord Italia. Delle puerpere che hanno partorito in un ospedale in cui era presente il Rooming – in (246), solo il 66,3% (163) afferma di aver avuto informazioni su questo modello assistenziale nel corso della gravidanza (TABELLA 1)

Tabella 1

Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 27, Numero 2, anno 2023
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