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Il danno polmonare: come prevenirlo, come ripararlo
abstrac relazione IV Congresso Nazionale AICIP: Dal Feto al Neonato 2017
F. Mosca
Nonostante l’evoluzione tecnologica abbia condotto negli ultimi anni ad un miglioramento nell’assistenza respiratoria neonatale e ad un’aumentata sopravvivenza di neonati prematuri, in particolare di basso peso e di bassa età gestazionale, non si è osservata parallelamente una riduzione nell’incidenza di complicanze quali in particolare la broncodisplasia polmonare (BPD), che riconosce nel danno polmonare da ventilazione uno dei fattori patogenetici principali.

Uno degli obiettivi nell’ambito della ricerca pneumologica neonatale è pertanto quello di cercare di ottimizzare le strategie e le tecniche di assistenza ventilatoria allo scopo di minimizzarne gli attesi effetti collaterali.

Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo e rinnovato interesse per le tecniche di ventilazione non-invasiva nel neonato, nella misura in cui sono potenzialmente in grado di ridurre gli effetti avversi associati all’intubazione e al danno da ventilazione meccanica.

Quando l’assistenza ventilatoria invasiva si rende necessaria è importante però cercare di ottimizzare, al di la della tecnica utilizzata, il reclutamento polmonare evitando sia la condizione di ridotta espansione che di sovradistensione polmonare.
Ciò che appare critico nell’assistenza ventilatoria del pretermine è il grado di distensione regionale più che il valore assoluto di pressione raggiunta nelle vie aeree anche se la limitazione del volutrauma non deve avvenire a spese del reclutamento polmonare. Per un ottimizzazione della strategia ventilatoria è necessario modulare gli interventi di supporto ventilatorio in relazione alle caratteristiche fisiopatologiche e al momento evolutivo della patologia in atto e raggiungere un compromesso tra l’obiettivo di un adeguato scambio gassoso e il rischio di sovradistensione/atelettasia.

Studi sperimentali hanno dimostrato che la ventilazione a volume corrente e a pressione positiva danneggia l’endotelio capillare, l’epitelio alveolare e delle vie aeree.
Questo danno polmonare si traduce in perdita di proteine e fluidi nelle vie aeree e negli spazi alveolari ed interstiziali con inibizione del surfattante e ulteriore danno polmonare.

La variazione ciclica del volume polmonare sembra essere un fattore più importante della variazione di pressione nelle vie aeree nel determinare questo danno suggerendo che una strategia di ventilazione che evita importanti variazioni di volume potrebbe avere un ruolo nel ridurre lo sviluppo del danno polmonare.
Di conseguenza una tecnica come la ventilazione oscillatoria ad alta frequenza (HFOV) che utilizza volumi correnti inferiori allo spazio morto erogati ad alta frequenza ha i presupposti di una modalità “meno dannosa”.

Sebbene però gli studi animali hanno mostrato promettenti risultati nella prevenzione del danno polmonare con l’uso della HFOV, i risultati degli studi clinici nel neonato non sono cosi promettenti e diverse controversie caratterizzano ancora l’uso dell’HFOV nel neonato e resta ancora da definire se la HFOV è più efficace rispetto alla ventilazione convenzionale (CV) nel trattamento dell’insufficienza respiratoria del neonato.

La prevenzione del danno polmonare costituisce pertanto un ambito importante nel contesto di una più ampia e complessa strategia di prevenzione , basata sia su misure ventilatorie che non ventilatorie, della complicazione a lungo termine della BPD che ne rappresenta l’esito finale.

La medicina rigenerativa basata sull’uso di cellule staminali per la ricostituzione di tessuti danneggiati costituisce ad oggi un approccio ancora sperimentale nel contesto del trattamento dell’esito del danno polmonare.
Gli studi in vitro ed in vivo su diversi modelli animali, hanno portato risultati promettenti, dimostrando la capacità delle cellule staminali mesenchimali (MSC) di attenuare il danno polmonare nei diversi modelli animali, senza evidenza di effetti collaterali o fenomeni di rigetto anche se ancora non sono ancora completamente noti i meccanismi d’azione alla base di questi promettenti effetti terapeutici.

E’ obiettivo della ricerca in quest’ambito consolidare le evidenze sull’efficacia e la sicurezza di tali terapie cellulari, al fine di poter passare al più presto al trattamento in vivo di neonati prematuri.
F. Mosca
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