così che nel post-partum i sintomi d’ansia vengono generalmente ritenuti parte della diagnosi di depressione. Recenti studi hanno però dimostrato come i disturbi d’ansia tipici del post-partum, possano coesistere così come presentarsi in assenza di depressione [5,7,8].
L’importanza rivolta alla DPP risiede nel fatto che il disagio della donna abbia poi di conseguenza delle importanti ripercussioni a lungo termine sullo sviluppo del bambino e sull’intero nucleo familiare. Frequentemente i rapporti di coppia vengono messi in discussione [9]. Inoltre, le donne che sviluppano DPP, frequentemente interrompono in modo precoce l’allattamento al seno ed è stato dimostrato come, talora in casi estremi, possa essere compromesso lo sviluppo cognitivo del bimbo a causa dell’insufficiente interazione madre-figlio [10,11]. Pertanto risulta chiaro quanto sia importante diagnosticare tempestivamente la sintomatologia depressiva così da poter intervenire nell’aiuto e nel supporto materno in modo immediato. Numerosi sono i fattori che possono portare una donna a sviluppare DPP. Numerosi studi hanno identificato quale fattore di rischio più importante per lo sviluppo di DPP, aver già sofferto di depressione [12]. Altri fattori di rischio includono l’età, la primiparità, la mancanza di sostegno sociale, situazioni di disoccupazione o di lavoro instabile, un basso status sociale, così come un basso livello di istruzione, il dover affrontare una gravidanza inaspettata o il sesso del bambino che può essere differente dalle aspettative familiari. Inoltre parrebbe esistere una certa correlazione tra DPP e modalità di parto, vaginale o cesareo. Un travaglio complicato conclusosi con un taglio cesareo d’urgenza, è risultato in alcuni studi come fattore di rischio per la DPP, ma i risultati a riguardo sono discordanti poiché mostrano differenti correlazioni tra le tipologie di parto e il rischio di DPP [13,14]. La percentuale di parti cesarei elettivi è in rapida crescita in tutto il mondo [15] ed è importante stabilire se questo possa avere una ripercussione sullo sviluppo di una depressione materna. Lo studio del parto cesareo non è stato approfondito fino ad ora e sarebbe invece conveniente provare a capirne la relazione con la DPP, analizzando nello specifico il parto cesareo d’urgenza (C U) e il parto cesareo elettivo (C E) per distinguere chiaramente i differenti ruoli svolti nella successiva insorgenza di DPP.
Lo screening dei sintomi depressivi è possibile grazie all’Edimburgh Postnatal Depression Scale (EPDS), test autovalutativo, facile da somministrare e da misurare [16]. Benché non sia uno strumento diagnostico, un punteggio totale superiore a 9, è ritenuto predittivo di DPP [17]. .
In realtà, la depressione non si presenta come un “tutto o niente”, e va a raggruppare tutti quei sintomi più gravi che fanno parte di un continuum di espressioni umorali. Per questo, recentemente, alcuni autori hanno studiato la struttura EPDS scoprendo che tramite questo strumento non solo è possibile misurare i sintomi di DPP, ma anche altre dimensioni, quali l’ansia e l’anedonia. Alcuni studi hanno dimostrato come possa essere scomposto in due sottoscale, mentre altri ne hanno evidenziate tre: depressione, ansia e anedonia [18,19]. Tuttavia, non ci sono pareri univoci riguardo ai punteggi, all’identificazione dei fattori o alla sensibilità delle diverse dimensioni dello strumento, nel riuscire ad identificare le donne a rischio di depressione, così come non è certo se le madri con sintomi depressivi lievi e con punteggi nella norma non siano poi a rischio di sviluppare una DPP. Come già detto, infatti, è importante ricordare che la sintomatologia depressiva non è qualcosa che c’è o non c’è, in una visione di “tutto-o-niente”, ma anzi si posiziona all’estremo di un continuum emotivo e comportamentale che comprende diverse sfaccettature e caratteristiche del tono dell’umore [20,21]
Lo scopo di questo studio è stato quindi quello di: (1) testare le capacità dell’EPDS nell’ identificare le donne a rischio di depressione, somministrandolo subito dopo il parto, sia questo vaginale o cesareo: nello specifico che sia un C E o un C U; (2) studiare la struttura fattoriale del test distinguendo tra Depressione, Ansia e Anedonia e (3) capire quali fattori possano essere predittivi di un alto punteggio EPDS, correlato alle differenti tipologie di parto.
Lo studio, di tipo prospettico, è stato condotto presso la Divisione di Medicina Perinatale del Policlinico di Abano Terme. La struttura ospedaliera sorge in un’area industrializzata del nord-est italiano, caratterizzata da alti livelli di istruzione, buono stato socio-economico, buon tasso di occupazione, ma basso tasso di natalità ed età riproduttiva avanzata. Prima dell’inizio dello studio si è provveduto ad ottenere l’approvazione da parte del Comitato Etico (Policlinico Abano Terme). Il campione studiato è composto da 959 mamme, con bambini nati sani e a termine (>37 e <42 settimane). Sono state escluse dallo studio, le donne con scarsa padronanza della lingua italiana, sottoposte ad anestesia generale, in trattamento psicoterapico e le donne con figli che sono poi stati ricoverati in terapia intensiva neonatale. Dopo aver firmato il consenso scritto, ogni mamma ha completato l’EPDS in seconda giornata dopo il parto, prima della dimissione.