Home sito | Copertina | Indice |            « Indietro Pagina [20] di 43 Avanti »
La gestione del bambino con disturbi del modello del sonno
Gli impulsi raggiungono il cervello utilizzando le stesse vie percorse da tutti gli stimoli sensoriali (stimoli visivi, uditivi, tattili e gustativi), ed è per questo che si suppone che i neonati o i bambini molto piccoli sognino sensazioni, come ad esempio, i rumori ambientali, il gusto del latte succhiato poco prima, il calore delle braccia che l'hanno tenuto accanto a se, l'odore della pelle della madre, ecc. Successivamente tutte queste sensazioni verranno incorporate in immagini oniriche vere e proprie.

Da ciò ne scaturisce che il sonno REM potrebbe quindi consentire al cervello in via di sviluppo di ricevere input sensoriali che gli consentono di vedere, sentire, ascoltare, anche prima della nascita.
Questi input potrebbero essere molto importanti per lo sviluppo dei centri più alti del cervello.
In utero, il feto, durante il sonno potrebbe attivare quei processi mentali utili per mettere in pratica le prime nozioni di apprendimento basate sull’esercizio della memoria a più lungo termine, sui meccanismi di associazione e di elaborazione dei dati immagazzinati.
Tutto ciò sarebbe possibile poiché il feto possiede già organi di senso sufficientemente maturi per ricevere stimoli di vario genere (uditivi, tattili, olfattivi, visivi, ecc.) provenienti dall'esterno.
È noto che già in utero, durante la fase di sonno REM, il feto compie atti respiratori come quando è sveglio, mentre non respira nelle brevi fasi di sonno non-REM: se il sonno non-REM fosse prolungato non riuscirebbe, quindi, a sviluppare sufficientemente i muscoli respiratori e avrebbe problemi dopo la nascita.
Si sa, inoltre, che durante il sonno REM i centri più profondi e primitivi del cervello fetale mandano impulsi motori ai centri superiori che non sarebbero completamente bloccati come avviene nel sonno REM dei bambini più grandi e questo permetterebbe al feto di fare una certa pratica di movimenti corporei, che altrimenti sarebbero scarsissimi visto che il feto trascorre circa il 90% del suo tempo dormendo.
È quindi plausibile pensare che il sonno REM abbia una grande importanza nei periodi di intenso sviluppo cerebrale, come il periodo fetale e i primi mesi di vita, mentre perderebbe importanza in seguito. Infatti, bambini anche di pochi mesi, molto stimolati durante il giorno sognano meno di bambini della stessa età meno stimolati. E si sa ora che la percentuale di sonno REM, che occupa il 50% del sonno del neonato, scende al 33% a 3 anni, al 25% nell'adolescente e a 20% circa nell'adulto.
È come se il sogno, con tutte le sue caratteristiche, sostituisse l'esperienza in un periodo della vita dove fare esperienza è fondamentale per lo sviluppo psichico.
I neonati dormono in media 16-17 ore al giorno, divise in circa sette periodi di sonno distribuiti indifferentemente di giorno e di notte. Appena nato un bambino dorme quasi come un feto: esegue sonnellini piuttosto brevi e frequenti che occupano quasi il 90% delle sue giornate. Con il passare dei mesi i periodi di sonno diventano sempre più lunghi ed il sonno REM lentamente diminuisce mentre il sonno tranquillo inizia a differenziarsi i 4 stadi, anche se ancora un po’ differenti rispetto a quelle degli adulti. Con la diminuzione del sonno attivo aumenta il tempo che il bambino trascorre da sveglio nelle 24 ore.

Figura 1: Ore totali di sonno dalla nascita ai 12 anni

Il modello del sonno neonatale differisce da quello degli adulti perché i cicli di sonno sono più brevi (50-60 min.) e la percentuale di sonno REM è più alta.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 15, Numero 2, anno 2019
20
            « Indietro Pagina [20] di 43 Avanti »