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Il ruolo dell’ostetrica nell’assistenza alle donne vittime di violenza
La relazione che intercorre tra la gravidanza e la violenza può essere considerata da due diversi punti di vista: da un lato la stessa correlazione tra l’insorgenza della gravidanza a seguito di violenza, dall’altro l’insorgenza della violenza a seguito della gravidanza. La gravidanza rientra tra le conseguenze dell’abuso sessuale, dello stupro.
I tassi sono variabili da paese a paese soprattutto in relazione alle tradizioni culturali, tra cui il grado di disfunzione ed utilizzo dei contraccettivi non di barriera. Sono stati registrati numeri esorbitanti: uno studio condotto negli Stati Uniti nel corso di tre anni ha riscontrato circa 32.000 gravidanze conseguenti a stupro ogni anno.
Generalmente le vittime appartengono ad ogni fascia d’età a partire dall’ inizio dell’età riproduttiva, parliamo quindi di donne comprese tre i 12 e 45 anni circa.

L’età a cui avviene lo stupro influenza significativamente la futura vita riproduttiva e sessuale della donna, infatti più la donna è giovane, minore sarà la sua capacità di considerare la propria sessualità come qualcosa che può controllare. Ciò significa che sarà portata a giustificare il violentatore, a non fare uso di contraccettivi, aumentando di conseguenza la probabilità di rimanere incinta. Lo stato della donna è aggravato, oltre che dall’atto violento in sé, anche dalla costrizione, che in alcuni paesi esiste, di tenere il bambino, inducendo talvolta la vittima a rifugiarsi in luoghi poco sicuri allo scopo di eseguire aborti clandestini, rischiando di mettere a repentaglio la propria vita.

I rapporti sessuali forzati sono fortemente collegati a complicazioni ginecologiche.
Tra queste vi sono sanguinamenti o infezioni vaginali, fibromi, minore desiderio sessuale, irritazione dell’area genitale, dolore durante il rapporto, dolore pelvico cronico ed anche infezioni del tratto urinario.
Spesso si tende a pensare che la gravidanza sia in qualche modo protettiva nei confronti della violenza e dei maltrattamenti.
Sembra invece che la violenza non risparmi la donna neppure durante questa fase della vita, anzi che possa cominciare ad inasprirsi proprio in quel periodo.
Lo stress di per sé non comporta necessariamente violenza ed è presente in tutte le coppie davanti all’evento critico della gravidanza; più alti livelli di stress si riscontrano però nelle coppie primipare ed in quelle che fronteggiano una gravidanza indesiderata, soprattutto dove è il partner a non accettare lo stato gravidico della donna, spesso per il timore che il nuovo nato possa allontanare la partner o impegnarla a scapito della relazione di coppia.

È stato visto che in molti casi la gravidanza è il periodo in cui si registra un alto tasso di inizio di episodi violenti. Ciò dipende da diverse variabili: l’impossibilità del maschio a sentirsi coinvolto nella crescita del bambino, le minori attenzioni a lui rivolte, le diminuite possibilità della donna di occuparsi delle faccende domestiche.

I dati OMS stimano che una donna su quattro sia stata vittima di violenza durante la gravidanza, con percentuali tra il 3,8% e l’8,8% di tutte le giovani che sono in attesa di un bambino.
Per rimarcare ancor di più l’importanza del problema, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ribadisce che nel mondo, ogni ora, una donna in gravidanza viene abusata e che la violenza interpersonale risulta essere la decima causa di morte per le donne comprese tra 15 e 44 anni, e la seconda causa di morte materna.
Le donne giovani in stato gravidico sono più colpite rispetto a quelle in età adulta, con percentuali del 38% rispetto al 3-8%.

Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 15, Numero 2, anno 2019
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