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Neuroscienze e apprendimento: imitazione e didattica alla luce della scoperta dei neuroni specchio
Le ricerche condotte da Meltzoff e Moore hanno dimostrato che l’apprendimento per imitazione è un fenomeno di origine innata. In questo modo è stato possibile confutare la teoria piagetiana secondo cui il bambino mette in atto i primi comportamenti imitativi verso i due anni d’età.
Tuttavia, entrambe le teorie si interessano principalmente alla capacità dei bambini di riprodurre le azioni, alle loro risposte imitative e agli atti motori compiuti dall’adulto: per questo vengono definite “monodirezionali”. Un ulteriore limite che si può ricondurre a queste teorie riguarda l’artificiosità dell’ambiente: tutte le sperimentazioni infatti furono condotte in stanze di laboratorio, in situazione lontane delle esperienze di vita quotidiane.
La prima ad interessarsi allo studio dei comportamenti imitativi in un contesto ecologico, prestando attenzione non solo al comportamento del bambino in sé ma anche, e soprattutto, all’ambiente in cui vive fu S. J. Pawlby. Nelle sue ricerche cercò di comprendere come si sviluppa e si modifica nel tempo il comportamento imitativo del bambino focalizzando la propria attenzione sui processi di interazione tra madre e figlio. La peculiarità dei suoi esperimenti infatti riguarda la non artificiosità dell’ambiente: il comportamento tra madre e bambino veniva osservato negli ambienti di vita quotidiana, in modo che potesse essere il più naturale possibile.

Gli studi della ricercatrice vennero condotti con bambini di circa tre e quattro mesi. Secondo Pawlby il rapporto madre-bambino svolge una funzione fondamentale sin dalla prima infanzia, in particolar modo dal punto di vista comunicativo e della coordinazione delle azioni: in questo modo i due si influenzano a vicenda e si adattano l’uno all’altro; la loro comunicazione si basa su gesti, sulle vocalizzazioni e sull’imitazione.
I comportamenti, o meglio, gli scambi imitativi sono molto frequenti e continuano finché uno dei due non distoglie l’attenzione.
Questa ricerca dimostrò come le risposte imitative nel rapporto tra la madre e il neonato siano varie e molto frequenti.
Nei comportamenti imitativi si riscontrano molti movimenti del volto e delle mani, la manipolazione di oggetti e la ripetizione di suoni linguistici. Inoltre è stato dimostrato che la comunicazione tra madre e bambino è caratterizzata, come la comunicazione interpersonale tra adulti, dall’alternanza di turni: Il fatto che la madre interpreti e attribuisca un significato ai gesti e alle vocalizzazioni del figlio, permette di instaurare con esso un dialogo, che la spingerà “naturalmente” a ripetere l’espressione o il suono prodotto dal neonato, il quale potrà comprendere la madre solo se questa si comporta come se esso fosse in grado di capirla.
Il rapporto madre-bambino è caratterizzato anche da un forte aspetto ludico: molto spesso il neonato emette suoni ed esegue gesti per poter interagire e comunicare con la madre e farsi imitare da lei.
L’imitazione nella prima infanzia è molto importante, è il primo strumento conoscitivo della realtà di cui può far uso il bambino.
È uno strumento fondamentale basato sull’intersoggettività e sull’empatia necessario ad anticipare la comprensione e la condivisione dei significati ancor prima della comparsa degli scambi verbali veri e propri.

Figura 1: NEURONI A SPECCHIO

Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 15, Numero 2, anno 2019
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