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Neuroscienze e apprendimento: imitazione e didattica alla luce della scoperta dei neuroni specchio
Una ricerca particolarmente significativa in questo ambito fu condotta nel 1998 da Luigia Camaioni, Emma Baumgarten e Marta Pascucci, le quali cercarono di dimostrare come l’imitazione tra coetanei sia un’importante modalità comunicativa e frequente anche tra bambini molto piccoli, di circa uno e due anni.
In questo esperimento vennero coinvolti venti bambini dai dodici ai ventiquattro mesi suddivisi in cinque fasce d’età: per ogni fascia d’età venivano studiate due coppie di bambini che frequentavano l’asilo nido da almeno sei mesi, coetanei e che avevano già confidenza l’uno con l’altro.
Nell’esperimento veniva studiata l’interazione complementare, cioè scambi bidirezionali caratterizzati da alternanza dei turni e complementarietà dei ruoli tra i partecipanti (che, corsivo mio) prevedevano una serie di comportamenti, come scambio di oggetti, conflitto per il possesso di un oggetto, affetti positivi o negativi (sorrisi, abbracci oppure gesti aggressivi) deissi ecc…
Durante l’esperimento i bambini mettevano in atto diverse tipologie di comportamenti attraverso l’imitazione posturale, facciale, vocale o con oggetti (in questo caso se un bambino prendeva una palla, anche l’altro bambino eseguiva esattamente lo stesso gesto).
L’esperimento dimostrò che ogni coppia metteva in atto comportamenti imitativi durante i quali entrambi i bambini svolgevano sia il ruolo di imitato sia di imitatore, dimostrando in tal modo che l’interazione imitativa e l’interazione complementare sono presenti sin dalla primissima infanzia.

Un ulteriore studio condotto da Asendorpf e Baudonnière ha invece evidenziato come bambini di circa diciotto mesi, anche in presenza di coetanei sconosciuti, fossero in grado di mettere in atto comportamenti imitativi.
Tuttavia, secondo i due autori inizialmente si sviluppa l’imitazione sincronica, e solo successivamente, l’interazione complementare.
I bambini imparano ad imitare i loro simili e, secondariamente, ad instaurare con essi una vera e propria interazione reciproca.

Infine, un terzo studio che mise in luce l’importanza dell’imitazione nella prima infanzia fu condotto da Hanna e Meltzoff, i quali notarono che bambini tra i quattordici e i sedici mesi d’età erano in grado di imitare correttamente sia le azioni e i comportamenti eseguiti dagli adulti sia quelli dei loro coetanei a distanza di due giorni dall’osservazione del modello.
Questo esperimento dimostrò che i bambini sono in grado di imitare ed apprendere efficacemente comportamenti anche dai loro pari, e sono capaci di riprodurre ciò che hanno appreso.
Da un punto di vista cognitivo, i coetanei e i fratelli maggiori possono svolgere un’importante funzione tutoriale in quanto hanno la capacità di aiutare i fratelli nel loro percorso di crescita e di apprendimento: riescono infatti a far raggiungere una serie di abilità e competenze in modo più efficace di quanto non riescano a fare gli adulti. Inoltre contribuiscono all’acquisizione di abilità pro-sociali, ad esempio lo sviluppo dell’identità di genere, la percezione di sé e la capacità di cooperazione In seguito a questi esperimenti è stato quindi possibile dimostrare che non è corretto parlare di relazioni e interazioni diadiche, riguardanti esclusivamente il rapporto madre-bambino, ma di interazioni multiple, che sottolineano l’importanza dei ruoli dei pari e soprattutto dei fratelli all’interno del nucleo familiare.

Figura 2: IMITAZIONE BAMBINO-MADRE

Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 15, Numero 2, anno 2019
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