La consulenza come strumento per la gestione del pianto neonatale
Il pianto del neonato
Dalla letteratura europea si evince che dal 5% al 29% dei neonati piangono eccessivamente (1).
Il pianto è un segnale di bisogno di attenzione, disagio fisico e richiesta di soddisfare i propri bisogni fra cui quello di poppare e di essere preso in braccio per fame, sete, sonno o consolazione (2); è stato correlato anche allo stress che il bambino ha subito nel periodo perinatale (1).
Inoltre, i bambini possono piangere per eliminare tensione e stress fisico e psicologico, ciò gli consente di superare le frustrazioni (3).
Generalmente il pianto è causato da sei principali categorie di traumi: i traumi perinatali, i bisogni non soddisfatti, l’eccesso di stimoli, le frustrazioni legate alla crescita, il dolore fisico e le paure (3).
Allo stesso tempo anche l’umore della madre e la gestione del neonato possono influenzare il comportamento neonatale e viceversa (1).
Quando un neonato piange e quindi comunica, lo fa con tutto il corpo: si contrae, chiude i pugni, ritrae le gambe, attiva ogni muscolo, spinge, e così facendo può emettere aria; l’aria è sempre presente nel tubo digerente di ogni umano, ma poche sono le circostanze in cui possa procurare dolore (4).
In particolare, nelle ore serali, i bambini tendono ad essere più irrequieti per motivi di stanchezza e sovraccarico di stimoli ricevuti durante la giornata; in questi momenti il bambino generalmente piange, fa fatica ad attaccarsi adeguatamente al seno e non accetta di essere messo in culla o in carrozzina (2).
Questa manifestazione viene spesso scambiata per un’insufficiente produzione di latte (2) oppure per una “colica” (4).
Possono quindi essere d’aiuto strategie come “il portare in fascia”, passeggiare con il bambino in posizione prona sostenendolo con l’avambraccio, il wrapping (avvolgere il bambino nella posizione che assume in utero), il concedersi l’aiuto da parte del partner o dei familiari, fare un bagnetto al bambino e massaggiargli la pancia con movimenti circolari (2).
Sono estremamente utili anche il contatto pelle a pelle, sentire la voce della mamma, passare qualche ora all’aria aperta (2) e ridurre le stimolazioni visive, uditive e tattili in modo da offrirgli un ambiente tranquillo (4).
Un’ulteriore strategia da provare è quella del massaggio infantile (5) e della promozione dell’allattamento (3).
La consulenza ai genitori sul pianto neonatale
Sempre più numerosi sono i genitori che non riescono a decifrare e comprendere il linguaggio espressivo e corporeo dei neonati, come ad esempio il pianto (6) e la consulenza da parte di un operatore in questo caso potrebbe essere d’aiuto; tale strumento non ha lo scopo di interrompere e reprimere il pianto, ma quello di trovare nuovi percorsi assieme ai genitori, grazie ai quali loro riescano a ritrovare sicurezza e fiducia in se stessi nell’accompagnare i propri bambini dal punto di vista emozionale (6).
È necessario quindi capire se il pianto è provocato da un bisogno fisico o da un evento stressante ed indagare su come la donna ha vissuto la gravidanza e se ci sono state complicazioni (3).
Nella maggior parte dei casi, non è sufficiente indicare ai genitori come comportarsi e come organizzare la quotidianità, ma è fondamentale dare loro strategie su come superare le tensioni, lo stress interiore e le emozioni (6).
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 16, Numero 3, anno2019
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