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La presenza delle madri in Terapia Intensiva Neonatale
La nascita di un neonato prematuro, può portare la coppia genitoriale a scontrarsi con una realtà diversa dalle sue aspettative.
Il trauma che ne consegue interferisce, principalmente, con la costruzione dell'identità materna: la madre destruttura sia l'immagine idealizzata del bambino così come il suo ruolo. La rappresentazione danneggiata del sè genitoriale e del proprio bambino, la gravità delle condizioni di salute e la separazione tra i due, conseguente al ricovero in TIN del neonato, possono fortemente compromettere il processo di attaccamento sicuro, indispensabile ai fini dello sviluppo e del benessere cognitivo e comportamentale del neonato. Ad aggravare la situazione, i ritmi intensi delle attività della TIN possono ridurre le opportunità per i genitori di essere presenti e partecipi all'accudimento del loro bambino e di instaurare questa relazione primaria.
La genitorialità è il “processo psichico” attraverso cui un uomo e una donna diventano genitori: essa si fonda sullo spazio che i genitori costruiscono nella loro mente, spazio destinato a contenere l’idea di un figlio e l’immagine di sé come genitori”.
Numerosi autori hanno concettualizzato i profondi processi che caratterizzano la transizione alla genitorialità materna. Il percorso della gravidanza porta la donna ad assumere una nuova identità, coinvolgendo non solo l'aspetto biologico, ma anche quello psichico e il suo mondo affettivo relazionale.

Secondo Lebovici (Psichiatra e Psicoanalista francese, 1983) sono tre i “bambini” con cui ogni madre entra in relazione:

1. il “bambino fantasmatico” , che ha antica origine nella mente della donna ed č il risultato delle elaborazioni dei conflitti inconsci relativi allo sviluppo psicosessuale materno;
2. il “bambino immaginario” che occupa un posto specifico all’interno del sistema familiare e rispetta ciò che ci si aspetta circa il bambino e circa il proprio futuro insieme a lui; nasce nella realtà della gravidanza e ha origine nel desiderio di maternità;
3. il “bambino reale” che con il parto entra bruscamente in questo mondo di fantasie, costringendo la madre a rapidi aggiustamenti di prospettiva.

Con il sopraggiungere dell’ottavo-nono mese, in concomitanza con l’avvicinarsi del parto e delle paure ad esso associate, le fantasie si bloccano per agevolare l’incontro tra il “bambino immaginario” ed il “bambino reale”. Questi processi possono però precipitare bruscamente quando la nascita giunge prematuramente, interrompendo la gravidanza proprio durante le fasi cruciali per lo sviluppo delle rappresentazioni materne.
Il parto avviene pertanto, in una fase in cui il feto non e‘ ancora percepito come un oggetto separato da sé, ed e‘ quindi spesso portatore di una ferita narcisistica della madre, che si traduce in una percezione fondamentalmente negativa di sé e del proprio bambino. Allo stesso modo, la coppia genitoriale che scopre al momento della nascita che il loro bambino e‘ malato, si trova ad affrontare una realtà traumatica. La patologia del bambino concretizza dolorosamente le angosce che compaiono nell'ultima fase della gravidanza, determinando una serie di riserve sulle possibilità materna di attuare quel processo di riconoscimento del bambino, indispensabile per entrare in un rapporto empatico con lui, riconoscere i suoi bisogni e rispondervi in modo adeguato.
In entrambe le situazioni, le madri si trovano a dover elaborare una sorta di doppio lutto:
• quello legato alla perdita del bambino immaginario;
• quello legato alla salute del bambino e all'immagine di sé come di buoni genitori, portatori di vita.

Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 16, Numero 3, anno2019
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