Temperatura all’ammissione al nido dei neonati sani dopo skin to skin
Gli interventi da attuare alla nascita sono: l’avvio dello skin to skin, l’utilizzo di lettini
rianimatori e teli preriscaldati, la rimozione di panni bagnati, l’utilizzo di berrettini di lana ed
eventualmente materassini esotermici (prevengono la perdita di calore tramite
conduzione); manovre rianimatorie da effettuare sotto cappe radianti (contrasta la perdita
di calore per irradiazione); l’utilizzo di sacchetti in polietilene e gas umidificati e riscaldati
(evitano la termodispersione per evaporazione); rianimazione e/o gestione del neonato in
ambienti con finestre e porte chiuse, e utilizzo delle spondine laterali del lettino rianimatore
in modo da evidare la perdita di calore tramite convezione.
Nella tabella che segue, le principali manovre utilizzate e i rischi associati [11].
Intervento
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Impatto |
Rischio |
Avvolgere il neonato con panni
caldi/sacchetto in polietilene..
|
Riduzione della termodispersione
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Nessuno |
Materassino esotermico |
Fornisce calore |
Ipertermia |
Gas umidificati e riscaldati
|
Impedisce il raffreddamento delle
vie aeree |
Nessuno |
Berretto in polietilene
|
Previene la termodispersione dal
capo |
Nessuno |
Temperatura delle sale parto
|
|
Ipertermia |
Il sacchetto in polietilene, il berretto in polietilene, il materassino esotermico, sono presidi
che vanno utilizzati nei neonati pretermine < 32 settimane, maggiormente a rischio di
ipotermia e più frequentemente sottoposti a manovre rianimatorie.
Incidenza, mortalità, morbidità
Sebbene l’ipotermia sia un fenomeno che riguarda tutti i neonati, la maggior parte dei dati
in letteratura si riferisce ai nati pre termine e ai VLWB, essendo questa categoria di neonati
gravata da maggiore morbilità e mortalità.
Per quanto riguarda l’incidenza di ipotermia all’ammissione in TIN, vi sono dati variabili che
vanno dal 47% (USA, nati nel 2002 e 2003 con PN 400-1499 g), al 17% (UK, 2006, nati 22-26
settimane), al 60% (Brasile, 2016, nati 23-33 settimane) [17]
Studi osservazionali hanno dimostrato, nei neonati pretermine, l’associazione tra ipotermia
ed emorragia ventricolare, ipoglicemia, malattia respiratoria e sepsi ad esordio tardivo.
Nel 2007 Laptook e collaboratori pubblicano uno studio multicentrico su una popolazione di
neonati < 1500 g: viene dimostrato un aumento del rischio di mortalità del 28% per ogni
riduzione di grado < 36,5°C (OR 1,28) [7]
Miller e collaboratori nel 2011 evidenziano, tra il 2006 e il 2007, nei neonati < 1550 g un
aumentato rischio di mortalità e di IVH (OR rispettivamente 1,5 e 1,3) [9]
Da uno studio del 2012-2013 in Brasile, con una popolazione di <1550 g, si evidenzia un OR
di 1.42 sia per la mortalità intraospedaliera sia per morbilità maggiori (IVH, BPD, ROP). [16]
Anche l’ipertermia (TC > 37,5°) aumenta il rischio di mortalità e morbidità neonatale, sia nei
pretermine che nei neonati a termine.
Il fattore maggiormente coinvolto nell’ipertermia neonatale subito dopo la nascita è la
temperatura materna [21]; studi osservazionali hanno evidenziato un’associazione tra
ipertermia materna e mortalità e morbidità neonatale, in particolare con convulsioni
neonatali e stato neurologico alterato.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 20, Numero 1, anno 2021
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