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Conosci il pianto del neonato?
Il neonato della specie umana, mammifera, alla nascita, esattamente appena « esce » dal grembo materno o per parto vaginale o taglio cesareo chirurgico: emette un grido subcontinuo definito «pianto».
Il pianto del neonato sviluppa qualcosa come 80 - 115 decibel, un aereo 747 al decollo 120 decibel.

Il pianto del neonato è definito variabilmente: valido o vigoroso.
Sentire per la prima volta la voce del proprio bambino è una delle cose più desiderate nella vita dei genitori.
Per la genitrice, la madre, sentire quel pianto riesce a cancellare ogni paura del parto, ogni sofferenza sofferta nel travaglio, gratifica l’inquietudine e l’imponderabile dell’attesa vissuta in gravidanza.
Per il padre è un momento liberatorio della sua inefficienza fisica e obbligata passività durante il travaglio in sala parto e costituisce una affermazione positiva del suo essere maschile ed insieme riconosce di colpo il suo ruolo di padre e realizza un legame solido ed indissolubile con la madre.

Il primo quesito: perché la natura lo ha reso così potente?

Il pianto è un grido subcontinuo ed intenso ad alta tonalità in decibel che ha principalmente lo scopo di permettere l’ingresso il più rapidamente possibile dell’aria nei polmoni per consentire la necessaria espansione dei polmoni fino alle estreme propaggini dei bronchioli ed alveoli polmonari per espellere il liquido amniotico, che fino a quel momento colmava i polmoni. Il cuore del neonato già efficiente e valido da mesi deputato alla circolazione sanguigna fetale, passando alla modalità di circolazione autonoma neonatale incrementa sensibilmente la sua frequenza di contrazione, battito cardiaco, sotto l’impulso della nascita. La stessa compressione nel canale del parto e rilascio costituiscono uno stimolo fisico e neuroendocrino efficace a questo primo atto respiratorio.

Nel taglio cesareo invece preminente è lo stimolo ambientale di contatto di tutto il corpo con l’aria e temperatura esterna e le luci artificiali della sala operatoria, per cui si assiste ad una inerzia, un tempo drammatico nei cesarei in anestesia generale, ed una attesa di pochi secondi cui segue il pianto del neonato.

Il primo pianto del neonato ha quindi chiaramente uno scopo funzionale per consentire la prima respirazione in aria ambiente. In tempi non remoti si assisteva a pratiche « brutali » di presa del neonato per i piedi ed a testa in giù per ottenere una pianto più vigoroso ed efficace.

In tempi più recenti ci si limita ad asciugare con teli morbidi e caldi il corpo del neonato, specie al dorso e capo, soprattutto per ridurre la perdita sensibile di calore del corpo del neonato a contatto con l’ambiente esterno.

La prevenzione della perdita di calore costituisce un fattore di grave stress per il neonato, tanto che si applica subito al capo anche un cappellino.

Il pianto innesca la respirazione in aria e con il concomitante incremento della frequenza di battito cardiaco assicura la sua sopravvivenza, tradotta dal neonatologo con un punteggio(score) di Apgar, valutato criticamente al minuto : 1-5-10 dal momento della nascita: non c’è di distress cardiorespiratorio con un punteggio uguale o superiore a 7(V.N. Da 7 a 10).

In quella minoranza dei casi in cui il neonato non pianga immediatamente la sua capacità di inalare nell’albero respiratorio l’aria ambiente può realizzarsi ugualmente: sarà compito del neonatologo assicurarsi di questo, in questi casi è verosimile che il parto ha rispettato perfettamente i tempi e la fiosiologia del parto consentendo un automatismo in apparenza miracoloso.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 27, Numero 2, anno 2023
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