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Il lavoro di rete con il bambino con disabilità visiva, la sua famiglia ed il loro contesto di vita

L’importanza del benessere e della qualità di vita del bambino con disabilità visiva

Nell’ambito della disabilità visiva (DV), numerosi studi hanno dimostrato come una condizione di ipovisione o cecità, influenzi negativamente la qualità di vita ed il benessere del bambino e della sua famiglia (Alonso et al., 1993; Dahlmann-Noor et al., 2018; Fazzi et al., 2010; Gui et al., 2023; Tröster & Brambring, 1992).

La DV, infatti, comporta una diminuzione della capacità adattiva della persona all’ambiente circostante e, come conseguenza, una riduzione della sua autonomia nella gestione degli aspetti essenziali della vita quotidiana, della sua partecipazione e relazione con gli altri (Giuffrè, 2008).
La diminuzione del livello di autonomia e indipendenza, nonché la riduzione delle relazioni sociali, date tra le altre cose dalla presenza di uno stigma legato alla disabilità, può determinare sentimenti di isolamento, frustrazione, auto-colpevolizzazione e depressione, sia nel bambino con DV che nei caregiver (Lamoureux et al., 2004).
Le ricerche, tra l’altro, hanno dimostrato che la severità della DV è positivamente correlata con l’impatto che la stessa ha sulla qualità di vita del bambino, con un peggioramento del livello di benessere percepito o descritto in relazione alla gravità della patologia (McKean-Cowdin et al., 2007; Venâncio et al., 2022).

In linea con la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health – ICF WHO 2002), accettata dall’OMS (2001) come “standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità”, la salute, e quindi anche la disabilità, si configurano come l’interscambio dinamico tra le diverse dimensioni, fisica, sociale e ambientale. Perciò, la valutazione della qualità di vita e del benessere del bambino con DV presuppone considerare sia il suo stato di benessere psicofisico sia il suo livello di funzionamento e partecipazione nei diversi contesti sociali e relazionali in cui è inserito, quali la famiglia, la scuola, lo sport etc.

Tale approccio basato sulla persona parte dall’assunto che per implementare percorsi di cura e presa in carico che siano individualizzati e che tengano in conto delle esigenze specifiche della persona, bisogna partire dalla comprensione della sua personale esperienza di malattia e delle conseguenze che questa ha sul suo funzionamento quotidiano (Marmot et al., 2010; Tadić et al., 2013).
Tale prospettiva si pone come obiettivo la centralità della persona e del suo contesto di vita all’interno del percorso di presa in carico fin dalle fasi di valutazione, allo scopo di favorirne la diretta partecipazione. Ne consegue che nella pratica clinica devono essere considerati come determinanti dello stato di benessere e di salute del bambino sia aspetti organico-strutturali, che gli aspetti di funzionamento e di partecipazione nelle attività della vita quotidiana, tenendo in conto in particolare di tutti quei fattori ambientali che ostacolano o al contrario facilitano lo sviluppo delle piene potenzialità del bambino.

In conclusione, l’intervento clinico, dal momento della valutazione alla presa in carico, dovrebbe basarsi su un approccio globale e integrato al bambino che abbia, tra le altre cose, lo scopo di costruire e consolidare attorno a lui ed alla sua famiglia una rete di supporto che coinvolga diversi professionisti (sanitari, scolastici etc.). Infatti, è grazie ad un'equipe multidisciplinare, specializzata nell’età evolutiva, che si possono integrare diversi ambiti e livelli di conoscenza, competenza ed esperienza dei professionisti, al fine di delineare e costruire un progetto di presa in carico che risponda alle esigenze ed ai bisogni unici del bambino.

Il lavoro di rete con il bambino, la famiglia ed il loro contesto di vita

La Fondazione Robert Hollman (FRH) è un ente privato senza scopo di lucro che si impegna quotidianamente a fornire supporto allo sviluppo dei bambini con disabilità visiva e alle loro famiglie.
L’obiettivo primario della FRH è quello di promuovere le potenzialità di ogni bambino attraverso un intervento precoce e personalizzato, che pone al centro la persona, ovvero il bambino e la sua famiglia, intesi come un’unica entità indivisibile nel loro processo di crescita e sviluppo.
La FRH, quindi, si propone di seguire con attenzione il percorso di crescita di ciascun bambino con deficit visivo, mediante specifici interventi educativi, riabilitativi e ludico-espressivi.

La personalizzazione di ogni intervento rappresenta il nucleo centrale della pratica clinica, la quale viene costruita a partire da un’attenta osservazione delle competenze, dei bisogni e delle peculiarità di ognuno. In questo modo è possibile creare uno spazio dedicato in cui ogni bambino possa esprimersi al meglio delle proprie potenzialità.
Rivista Italiana on line "LA CARE" Volume 29, Numero 2, anno 2024
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