Lo sviluppo motorio primario
M. Trabalza, A. Eliasova
Il movimento, ha un ruolo centrale nei processi di rappresentazione corticale a partire dalle fasi embrionali.
L’embrione, infatti, è anzitutto un organismo motorio: nella fase embrionale, in quella fetale e in quella della prima infanzia, l’azione precede la sensazione.
Il movimento, di conseguenza in quest’ottica, non è il mezzo per soddisfare le necessità dei centri cerebrali superiori, ma, al contrario, è l’attività mentale ad essere il mezzo per eseguire le azioni (Oliverio 2001).
La capacità contrattile costituisce la prima forma di espressione dell’embrione e più tardi del feto. Intorno all’undicesima settimana le connessioni del sistema nervoso sono attive e permettono al feto di compiere alcuni movimenti riflessi secondo un programma geneticamente determinato.
Non si tratta certamente di movimenti consapevoli, ma di risposte motorie che si attivano in funzione ad uno stimolo esterno (per esempio il feto che scalcia quando i piedi toccano la parete uterina). Ciò che si modifica brutalmente con la nascita, è la natura dell’elemento in cui crescerà e si svilupperà, cioè l’ambiente gravitazionale.
I movimenti non sono un puro meccanismo o un mezzo per ottenere qualcosa, ma esercitano un ruolo importante nella formazione della mente, condizionano l’apprendimento e sono alla base del linguaggio.
Nelle prime fasi dello sviluppo, infatti, il neonato ha un ruolo prevalentemente passivo e si limita a notare una serie di movimenti e azioni che determinano il suo benessere. Ogni mossa e spostamento della mamma o degli adulti che si prendono cura di lui hanno conseguenze positive sul neonato: le carezze soddisfano la necessità di contatto fisico, il cibo placa la fame, i gesti e le parole dell’adulto rispondono alla curiosità e alla necessità di esplorare il mondo.
Presto, tuttavia, il neonato, con i suoi movimenti sempre più precisi e selettivi, produce azioni che comportano modifiche nell’ambiente che lo circonda; le azioni motorie diventano sempre più coordinate e basate su un susseguirsi di atti che dipendono da memorie che codificano sequenze di movimenti in grado di rispondere a situazioni specifiche. Tali sequenze, del tutto simili a delle “parti” che sono recitate (“copioni” o script), si arricchiscono di complesse sequenze muscolari, volte ad imitare le espressioni facciali dell’adulto.
Proprio queste ultime e i movimenti degli arti sono il nucleo iniziale degli schemi motori: “memorie muscolari” (procedurali) intorno a cui si addensano le memorie successive e che costituiscono il punto di partenza dei successivi apprendimenti linguistici, fondati su sequenze motorie che servono per produrre una serie di suoni significativi.
Tutto il sistema nervoso centrale influisce sullo sviluppo del linguaggio, con molteplici funzioni che intervengono su di esso mediante un rapporto interattivo nel quale ogni struttura coinvolta assume una funzione palese oppure agisce a un livello più esplicito.
Il neonato dipende nei suoi movimenti, dagli adulti che si prendono cura di lui in quanto, i movimenti degli arti sono regolati dai riflessi e insufficienti ai fini di una sopravvivenza autonoma.
Per raggiungere lo stesso livello di abilità motoria dell’adulto devono trascorrere molti anni, durante i quali il piccolo cresce, controlla e coordina i muscoli del corpo.
L’uomo, infatti, percorre una serie di tappe nello sviluppo la cui successione temporale può essere in alcuni casi ritardata, in altri accelerata, ma mai invertita.
Tuttavia, è importante sottolineare che ciascun bambino ha il proprio ritmo di sviluppo e impara le diverse abilità scegliendo i tempi e i modi che meglio gli si adattano (Cioni,
1991).
M. Trabalza, A. Eliasova
Rivista Italiana online "La Care" Vol 5 No 2 anno 2016- pagina 19
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