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LA NASCITA DEL PADRE
A. Giustardi, A. Semjonova
Per molti uomini il vincolo del lavoro diventa anche una scusa e una difesa a non voler mettersi in gioco. Trasformarsi per e con arrivo di un figlio costa, infatti, molta fatica, si deve imparare a inventare una nuova immagine di sé, a rinegoziare il proprio ruolo “sociale e professionale”. Insomma si deve voler CAMBIARE, perché tutto ciò che è associato al cambiamento non avviene spontaneamente e automaticamente. Un buon modo per far fronte ai cambiamenti impliciti nel proprio ruolo paterno consiste nel SAPERLI AFFRONTARE sin dal momento più precoce.
Accompagnare la propria compagna a tutti controlli ostetrico- ginecologici durante la gravidanza, partecipare agli incontri dei corsi di preparazione al parto aperti ai padri. Affrontare il groviglio delle emozioni che accompagnano il percorso della paternità significa concretamente saper piangere e ridere, avere speranza e fiducia, saper parlare delle proprie paure e delle proprie ansie.
Ma gli uomini sono spesso dei grandi analfabeti emotivi; cresciuti con il mito dell’uomo che non deve piangere chiedere mai, spesso i maschi si trovano totalmente “disarmati” di fronte alla complessità emotiva che l’esperienza della genitorialità porta con sé. Mentre le donne sanno da subito cercare aiuto nelle relazioni, chiedendo ad amiche e alla propria madre consigli, sostegno e appoggio, gli uomini vivono con molto pudore e timore i cambiamenti profondi che segnano il passaggio a ruolo di padre. Molti papà affrontano l’esperienza della paternità coltivandola come “ un segreto”. Sarò un bravo papà?, ce la farò?, di tutto questo non parlano con nessuno.

Anche a me è successo di riuscire a condividere soprattutto con le donne i molti pensieri che mi hanno assalito alla notizia che sarei diventato PADRE. Non so perché non l’ho fatto in modo ugualmente coinvolgente con altri maschi. Generazioni di padri silenziosi, incapaci di piangere di piangere e di mostrare emozioni hanno cresciuto figli con le medesime caratteristiche.
Gli uomini devono avere la possibilità di vincere l’ostacolo del blocco emotivo, devono poter trovare spazi di ascolto e di fiducia, momenti di confidenza e di dialogo nel quale aprirsi con altri uomini sul significato profondo associato all’esperienza del diventare PADRE.

Daniel N. Stern (2000) sostiene che:
“sono state sviluppate teorie estremamente importanti riguardo alla famiglia nonché metodi terapeutici efficaci per affrontare le problematiche, ma si è determinato un gap
rispetto all'origine precoce del triangolo primario feto o neonato- madre- padre."
In altre parole, si tratta di un campo di studio privo di un'origine evolutiva adeguatamente compresa (Stern D.N., 2000 ).

Gli uomini nella società odierna stanno elaborando una diversa competenza genitoriale rispetto a quella di un tempo. Oggi tale competenza sembra affiancarsi sempre di più a quella materna in quanto essi si occupano anche delle cure primarie assieme alla madre: cure fisiche, cambio del pannolino, bagnetto….
Quando dico che il padre si sta avvicinando più a competenze di cura primaria non intendo dire che sta rendendo la sua relazione col figlio interscambiabile con quella madre-figlio: entrambe sono infatti relazioni con caratteristiche uniche. Un tempo la donna aveva il compito di mettere “al” mondo il figlio e il padre quello di metterlo “nel” mondo, di insegnargli a vivere nella società; egli era colui che trasmetteva le regole sociali, era il primo esempio di autorità, il detentore di valori.
Il padre era la figura forte che proteggeva il figlio e lo accompagnava nel mondo insegnandogli a vivere e ad adattarsi alle richieste sociali. Il padre è inoltre una figura che, se educata correttamente, può essere fortemente incisiva per quanto riguarda sia la presa di decisione riguardo l’allattamento scelto per il bambino e può essere un aiuto preziosissimo per la madre che vorrebbe al suo fianco una persona in grado di sostenerla nei momenti di difficoltà.

A dimostrarlo è uno studio del 2002 nel quale si evidenzia come il padre sia uno di quei fattori che influenzano la decisione della madre di nutrire il figlio con latte materno. Lo studio sottolinea come la ragione che ha spinto la mamma ad iniziare l’allattamento con latte artificiale (più pesante in termini numerici) è stata proprio l’atteggiamento del padre nei confronti dell’allattamento.
Dallo studio di M.Redshaw e J.Henderson è stato evidenziato che le donne le quali ricevono sostegno e incoraggiamento dal proprio partner perseverano con l’allattamento al seno, anche quando è più difficile o quando sorgono problemi.

La letteratura si è interrogata sulla possibilità che esista uno specifico istinto paterno, alla stregua di quello materno. La paternità si attiva nell’esperienza di divenire padre o possiamo pensare che esiste una predisposizione innata ad assumere tale ruolo e funzione?
A. Giustardi, A. Semjonova
Rivista Italiana online "La Care" Vol 5 No 2 anno 2016- pagina 25 - Avanti »