Rivista Italiana online la "Care"
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LA NASCITA DEL PADRE
A. Giustardi, A. Semjonova
Il ricordo di ciò che è stato può divenire potente e prepotente e può spesso frapporsi come un diaframma nella relazione con i propri figli. Molti neo papà, in realtà, giungono a ruolo di genitori dopo aver elaborato e imparato ad accogliere la sofferenza di cui sono stati protagonisti. Per loro, a questo punto l’esperienza genitoriale diventa una straordinaria occasione per fare “ la pace” con la vita, per sperimentare l’enorme soddisfazione che la condivisione emotiva con i propri figli sa regalare a ciascun adulto. Ma molti, diventano padri senza mai aver sedato la rabbia “spesso inespressa” accesa contro i propri padri. In tali situazioni, risulta facile e frequente per un neo papà assumere atteggiamenti e relazioni disfunzionali con i propri figli. Molti maschi abbandonano subito la scena della genitorialità, quasi a mettere in atto una fuga da copioni e situazioni che non vogliono affrontare e rielaborare. Altri uomini utilizzano la propria esperienza genitoriale per vendicarsi di ciò che hanno subito: ecco perché ex bambini maltrattati e abusati possono trasformarsi in padri violenti e castigatori, incapaci di costruire una relazione empatica e affettiva, di cui non solo non hanno memoria, ma non conservano alcuna tipologia di imprinting.
Per questo motivo è importante che ogni padre conosca il copione del “papà assente” e comprenda che il rischio della latitanza è onnipresente nella vita di tutti, anche in quella degli uomini più fortunati e felici. Il padre assente è un fantasma che si aggira in silenzio sullo sfondo di tutte le famiglie con i figli e imparare a conoscerlo significa anche sapere e capire come addomesticarlo. La ricerca ha messo in evidenza che le mamme “bambine” sono figlie di padri assenti e vivono un bisogno cosi profondo di affetto,appartenenza e attaccamento da sentire di voler precocemente mettersi a confronto con un proprio figlio per vivere nella relazione privilegiata con lui ciò che non hanno avuto a disposizione nella propria ancor breve vita. Naturalmente ,il progetto si rivela fallimentare in partenza. Bambine senza padri mettono al mondo figli senza padri, perpetuando un ciclo che si rivela totalmente disfunzionale e incompatibile con tutto ciò che serve a un bambino per abbracciare con successo la vita. Inoltre, improvvisamente le mamme adolescenti scoprono che un figlio non è un bambolotto che funziona a comando.
Si è dimostrato come gli uomini siano cresciuti in un contesto che ha generato la credenza che accettare i propri bisogni significhi riconoscere le proprie debolezze (Seidier, 1989). A questa aspettativa dell’uomo, è collegata l’immaginario collettivo che i maschi debbano respingere i propri sentimenti o comportamenti femminei a favore di atteggiamenti basati sulla freddezza e indipendenza;
quest’ultima viene messa in discussione alla nascita del figlio, provocando un forte senso di minaccia alla propria identità maschile. La domanda da porsi a questo punto è: in una società che ha influenzato particolarmente la cultura dell’essere maschio ed esser padre, che ha accettato la differenzazione dei ruoli come un dato quasi divino e che ha fortemente concentrato l’attenzione sulla donna/ madre come figura di attaccamento per eccellenza, dovuto a un legato definito “naturale” o “biologico, c’è ancora spazio per revisionare o meglio ancora ritrovare l’importanza della figura paterna, emotivamente partecipante allo sviluppo psico-fisico del figlio, compagno di viaggio, un alleato fedele? Questa potrebbe esser considerata una vera e propria sfida culturale, nel momento in cui si rischia di andare contro un prototipo maschile costruito su mere convinzioni sociali, etichette indelebili, che metterebbe in discussione l’intero universo paterno.
La sfida più ardua sarebbe considerare il padre come figura di attaccamento, non secondaria o marginale, ma equivalente a quella materna, con funzioni e coinvolgimenti specifici.
Giustardi definisce il padre “come fattore di trasformazione nell’attaccamento infantile”, e considerara il ruolo paterno in grado di travolgere positivamente lo sviluppo del figlio e di fungere da elemento peculiare nella formazione dei legami di attaccamento infantile. La funzione del padre è da ricercarsi nella capacità di modificare i modelli operativi interni del bambino, ma anche della moglie, influenzandone i legami di coppia e la relazione madre - bambino.

Dati del Ministero (Ministero della Salute, 2015) riportano che 9 padri su 10 partecipano al parto, nel 8,6% dei casi sono presenti al parto familiari diversi dal padre. Nel sud Italia 6-7 padri su 10 sono presenti al parto mentre in Campania e in Sardegna solo 4 su 10 padri.

Il ruolo del padre:

• Il padre deve essere attore non spettatore
• Deve accarezzare la compagna rassicurarla

Gli errori da non commettere

• Non porre domande tecniche sulle manovre in corso
• Non rimproverare la partoriente per comportamenti inadeguati
• Non chiedere per lei acqua o uso della epidurale

A. Giustardi, A. Semjonova
Rivista Italiana online "La Care" Vol 5 No 2 anno 2016- pagina 30 - Avanti »