La forma del cranio nel neonato e approccio osteopatico
M. Censi, I. Kejklickova, A. Eliasova, S. Losurdo, G. Renzi
Questa craniostenosi si associa più di tutte le altre ad anomalie cromosomiche. Nelle craniostenosi non trigonocefaliche le anomalie cromosomiche associate non raggiungono l’1%. Nella trigonocefalia sono il 14%. Quando viene fatta la diagnosi il bambino può avere da 1 a 3 mesi e questa anomalia cromosomica può non essere visibile. I maschi sono più colpiti delle femmine con un rapporto di 3:1, la familiarità è alta e non c’è relazione con l’età dei genitori. Nel 22% dei casi ci sono delle malformazioni associate.
Al momento della consultazione è necessario distinguere i casi di craniostenosi pura, che andranno molto bene chirurgicamente, dai casi sindromici, che andranno altrettanto bene ma potranno essere caratterizzati da un handicap mentale importante, che non dipende dalla craniostenosi.
La classificazione descrive 3 forme:
1. Forma uno. È caratterizzata dalla presenza della sola crestina frontale. È molto diffusa. Ed è un problema puramente estetico senza anomalia cromosomica.
2. Forma due. È la forma uno, associata a ipoplasia frontale, espansione temporo-parietale, ipoplasia della cresta orbitale, ispessimento e aumento dell’inclinazione mediale delle orbite e appiattimento del processo zigomatico. In questo caso è necessario eseguire un’analisi genetica prima di procedere con un eventuale trattamento chirurgico.
3. Forma tre. È la forma due associata a ipoplasia etmoidale e ipotelorismo (ridotta distanza fra gli occhi). Spesso questi bambini sono anosmici (perdita della capacità di percepire gli odori). Anche qui è necessario eseguire un’analisi genetica prima dell’eventuale intervento chirurgico.
Oggi con la tecnica mininvasiva si fa una piccola incisione di un cm a metà tra la fontanella bregmatica e il nasion all’attaccatura dei capelli e attraverso di essa si fa uno strip della metopica.
La chirurgia dura circa 30’. Per alcuni chirurghi, che eseguono questa tecnica, il trattamento osteopatico è particolarmente importante del periodo postoperatorio. Il paziente sarà rivisto a un mese a nove mesi e a tre anni.
Plagiocefalia anteriore
Questi piccoli pazienti saranno affetti da un dismorfismo cranico caratterizzato soprattutto da un’asimmetria facciale. E’ una craniostenosi. Allo specchio l’asimmetria peggiora ulteriormente, perché diventa più evidente.
Si ha una distopia delle orbite (non sono sullo stesso asse), il naso è frequentemente deviato, la fronte è appiattita da un lato e prominente dall’altro. Ciò è la conseguenza della chiusura precoce di una sutura coronale.
La scoliosi facciale ha un’indicazione chirurgica. La plagiocefalia facciale rappresenta il 20% delle craniostenosi e conosciamo alcuni dei geni responsabili, l’FGFR3 MUTATIONS e il TWIST MUTATINS. Questa scoperta ha dato la possibilità di fare delle considerazioni sul timing della chirurgia. Ora si cercano sempre questi geni prima di effettuare l’intervento, perché se fossero mutati, l’intervento ottimale dovrebbe essere posticipato verso i 7-8 mesi. Questo perché si lascia il tempo alla mutazione di agire e di conseguenza di avere una modificazione genetica recidivante minore. Le TAC 3D sono assolutamente caratteristiche e la sutura mancante è evidente. Una delle conseguenze della plagiocefalia anteriore, dovuta al fatto che gli assi orbitali non sono sullo stesso piano, è che il bambino non vede bene e compensa inclinando al testa per acquisire la profondità di campo, che il lattante acquisisce naturalmente fra i 6 e i 12 mesi. Se questi tempi non sono rispettati, non la acquisisce più o male. Perciò è importante intercettarli nel modo giusto e preservare quest’aspetto. Altrimenti potrebbe succedere che la craniostenosi sia corretta ma il bambino continui a tenere la testa inclinata con evidenti ripercussioni sulla postura. Possiamo avere, quindi, un’asimmetria dei muscoli oculari e della giunzione occipito-cervicale. L’Osteopata, dal canto suo, potrà associare la mancanza di pulsatilità della sutura al quadro clinico ed essendo la diagnosi difficile, visto la scarsa incidenza (1.2000) potrà dare un contributo prezioso al lavoro del pediatra.
Questa craniostenosi, se non operata, ha delle conseguenze molto importanti. I bambini non acquisiscono la profondità di campo, hanno frequentemente uno strabismo con paralisi del IV nervo cranico, che innerva l’obliquo con conseguente aggravamento del deficit visivo, fino ad arrivare alla cecità nei casi più gravi. L’avvento delle placche riassorbibili è stato molto importante per questi casi, perché ha dato la possibilità al chirurgo di avanzare l’orbita fino a 3,5 cm per raggiungere il livello dell’altra. Le placche sono fatte in acido polilattico e poliglicolico che si riassorbono dopo circa 18 mesi. Anche le viti sono riassorbibili. I risultati sono molto buoni, anche se, dopo un’analisi retrospettiva, è stato rilevato un discreto numero di pazienti, che andava rioperato. Ora cambiando la tempistica d’intervento e grazie allo studio sui geni mutati questa statistica, è arrivata a essere sovrapponibile a quella delle altre craniostenosi, non raggiungendo l’1% di rioperati.
M. Censi, I. Kejklickova, A. Eliasova, S. Losurdo, G. Renzi
Rivista Italiana online "La Care" Vol 9 No 3 anno 2017- pagina 10
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