Rivista Italiana online la "Care"

Imprinting di coscienza del neonato e prospettive sulla sua crescita personale:
ipotesi per un precoce ‘Child Keeping’.
Chiara Sozzi
Pedagogista clinica
a noi (ad esempio lo stato d’animo di un’altra persona, o una difficoltà pratica da superare) , ma che comunque percepiamo e sentiamo dentro di noi, cercandone un nuovo insight illuminante. Si tratta di un funzionamento psichico superiore, che porta una comprensione di noi stessi, degli altri e della realtà che ci circonda, attraverso una sua visione unificante, che va oltre la frammentazione di superficie. Ci si sintonizza sulla Coscienza interna con una sorta di “allineamento” con i ritmi cerebrali lenti, ad alta energia. Questa modalità di coscienza ha tratti comuni con quella che J. Allan Hobson definisce “coscienza primaria”, in quanto contiene ‘percezioni ed emozioni, che vengono prodotte dal cervello senza stimolazioni esterne’ (Hobson, 2011, p.73). Ma se ne differenzia in quanto – nonostante sia intuitiva e porti con sé una carica emozionale – ha allo stesso tempo un’elevata portata cognitiva: mostra il centro, l’essenza delle cose e delle situazioni. La mia ricerca sull’emergere spontaneo di questa consapevolezza profonda nei bambini ( Sozzi, 2013, pp. 5, 136, 307) e negli stati sia onirici che di veglia negli adulti (Sozzi, in pubblicazione), mi porta ad evidenziare un limite in cui ancora si muove la ricerca sulla coscienza: non si è ancora liberata dal guardare comunque dalla prospettiva unilaterale della coscienza vigile e i suoi parametri cognitivi attraverso cui si osserva, come riscontro ad esempio in Hobson. E’ difficile parlare dell’aspetto conoscitivo della Coscienza interna, se si presuppone che “conoscere la realtà” consista nel descriverla secondo i parametri della Coscienza vigile esterna: una organizzazione coerente di combinazioni sensoriali e spazio temporali, proprie dell’unico “mondo” legittimato da essa come tale. Fino a poco fa gli stati di consapevolezza diversi dalla vigilanza esterna – evidenziati negli ultimi decenni del ‘900 attraverso l’uso di sostanze psicoattive - venivano definiti come “stati modificati” di coscienza. La scoperta e lo studio del sonno REM ha portato poi a comprendere che esistono due stati di coscienza diversi: la veglia ed il sonno. Ma di nuovo - anche psicoanalisti come Hobson - valutano la coscienza di sé e della realtà propria del sogno come una coscienza “virtuale”, intendendo per “realtà” solo quella sensoriale esterna che percepiamo in stato di presenza cognitiva all’ambiente. ‘Anche quando sogniamo siamo coscientemente consapevoli, ma riteniamo erroneamente di essere svegli, nonostante l’abbondante evidenza cognitiva che ciò non può essere vero.’ (Hobson, 2011, p.72). Così Hobson considera la coscienza del sogno come assimilabile alla coscienza primaria, a cui riconosce una capacità straordinaria di integrazione senso motoria, iperassociativa e sintetica, ma le attribuisce incoerenza e
limitatezza di pensiero: una sorta di proto-coscienza, in quanto non tiene conto della ragione, per cui risulta un ‘generatore di realtà virtuale innato più primitivo. […] Questa coscienza è attivata dal prosencefalo in assenza di input esterni, sia prima che dopo la nascita’ (Hobson, 2011, p.79 - 81). La Coscienza interna a cui mi riferisco è invece una modalità differenziata di conoscenza, propria di una dimensione altrettanto “reale” quanto quella esterna sensoriale. E’ il mondo interno dei significati, dei valori, della valutazione consapevole che abbiamo di noi stessi, delle altre persone, degli eventi, delle situazioni, di altre prospettive possibili di “mondo”. E’ un piano di intenzionalità cosciente, presente a diversi livelli di “realtà”. Ci sono ambiti privilegiati in cui stiamo in contatto con questo mondo interiore: il sogno, soprattutto quello supportato da onde ad alta energia ( finora è stato studiato solo il sogno in sonno REM, supportato da onde beta), il sogno lucido, in cui “sappiamo” che siamo nella realtà del sogno e “ragioniamo” con chiarezza, dando a noi stessi il comando di “trasportare” la nostra comprensione alla consapevolezza di veglia (‘io so che sto sognando. Quando mi sveglio devo ricordarmi queste immagine - sensazione – queste parole precise’). Infine il dormiveglia “lucido”, assimilabile allo stato meditativo profondo - in cui percepiamo la dimensione sensoriale esterna, ma siamo anche presenti ad un “pensiero lucido” interno, che coglie correlazioni e coerenze profonde di essa, che il pensiero analitico non è in grado di costruire. Le coordinate che definiscono i diversi stati di coscienza possibili tra la veglia ed il sonno sono state studiate da Hobson ( Hobson, 2011, pp. 82- 86) nella neurobiologia del controllo dello stato cosciente. Secondo i suoi studi, il controllo degli stati di coscienza è determinato da due popolazioni di neuroni del tronco encefalico (neuroni aminergici e colinergici). ‘Che un cervello generi uno stato di consapevolezza esterna (veglia) o simuli quello stato (sogno), potrebbe essere una funzione del suo rapporto neuro – modulatorio‘ (Hobson, p. 86). Il sistema, secondo Hobson, è regolato da tre fattori: Attivazione di aree specifiche cerebrali, Gating input-output (l’attivazione cerebrale interna si accompagna alla soppressione dell’input sensoriale esterno e dell’output motorio) e Modulazione. Quest’ultima è agita dai neuroni modulatori, che esercitano l’influenza chimica, fonte di “istruzioni” di on – off ai sistemi ed alle interconnessioni cerebrali (ad esempio per la attivazione o disattivazione di aree ricche di neuroni specchio o della corteccia e dei suoi sistemi inibitori di tali aree, come evidenziava Ramachandran). A seconda degli schemi e delle interconnessioni funzionali che predominano, è possibile
Rivista Italiana online "La Care" Vol 2 No 1 anno 2014
Chiara Sozzi - pagina 11 >>
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