Tesi di laurea e Ricerche
A.I.C.I.P.
Società Italiana per la Care in Perinatologia
I DIECI STEP PER UNA BUONA NASCITA

09/01/2024 - 31/12/2024   .
Tesi di laurea e Ricerche

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Tesi di laurea e Ricerche

questa sezione è dedicata alla pubblicazioni di tesi o ricerche in ambito care.

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ELENCO delle TESI

Elementi culturali nel percorso di nascita: mamme del Bangladesh e sanitari Veneziani a confronto. Analisi qualitativa
di: Eleonora Soggiu

Elementi culturali nel percorso di nascita: mamme del Bangladesh e sanitari Veneziani a confronto. Analisi qualitativa

RELATORE: Dott.ssa Stefania Maso

CORRELATORI: Dott.ssa Paola Cavicchioli - Dott. Carlo Alberto Camuccio

TESI DI LAUREA DI: Eleonora Soggiu

Introduzione

Le pratiche di cura materno/infantile assumono connotazioni diverse a seconda della cultura di provenienza (Maus, 1934; Stork, 1989). Questo è il focus dell’analisi del presente lavoro che ha preso origine durante il percorso di tirocinio, avvenuto presso l’Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale dell’Angelo. Il lavoro di tesi si è concentrato sullo studio delle madri e neonati provenienti dal Bangladesh sia per le caratteristiche socio/culturali, ritenute particolarmente interessanti, ma anche perché dal punto di vista numerico risulta il gruppo etnico maggiormente numeroso nel Comune di Venezia.
Le motivazioni che hanno condotto ad approfondire tale tema sono state altresì rafforzate dagli elementi teorici derivanti dalla infermieristica transculturale. Tale disciplina viene definita come una assistenza personale ed efficacie che dimostra rispetto per la dignità, i diritti personali, le preferenze, le credenze e le pratiche dell’assistito; essa richiede all’infermiere la capacità di mettere insieme le proprie conoscenze scientifico-teoriche con quelle culturali e sociali dell’assistito, al fine di sviluppare un piano di assistenza personalizzato. Si è scelto di concentrare l’attenzione in un momento particolare della vita di queste donne: la gravidanza e l’immediato post-partum, in quanto associare gravidanza e migrazione significa connettere due momenti cruciali nella vita di una donna, momenti che cambiano radicalmente l'esistenza. I sistemi con cui una donna gestisce e affronta il percorso di nascita rispecchiano il contesto di appartenenza, essendo la maternità un evento intriso di elementi culturali e sociali. Tuttavia, quando la gravidanza e la nascita avvengono in un ambiente nuovo e diverso da quello di appartenenza, è necessario mettere in atto delle strategie di adattamento (Hendson, 2015).
L'obiettivo della ricerca è stato quello di indagare ed esplorare il percorso di nascita raccontato delle mamme del Bangladesh, in relazione alle rappresentazioni soggettive espresse dal personale sanitario.
La tesi, di tipo qualitativo-fenomenologico, è articolata in quattro sezioni. Nella prima sezione viene sviluppato il quadro teorico di riferimento attraverso l’analisi del fenomeno migratorio supportato da dati statistici e un focus sull’infermieristica transculturale. Di seguito viene descritta la metodologia di ricerca utilizzata che prevede la realizzazione di interviste sia alle mamme provenienti dal Bangladesh sia al personale sanitario dell’Ospedale mestrino; le domande si sono articolate per approfondire le tematiche relative al periodo della gravidanza, del parto, dell’allattamento, del ruolo della famiglia e delle emozioni vissute. Infine si è proceduto a commentare i risultati ottenuti dall’analisi della elaborazione dei dati esponendo gli elementi più rilevanti dell’indagine svolta.
Grazie a questo lavoro si è potuto comprendere quanto sia fondamentale per il Paese che accoglie le popolazioni straniere, conoscere le caratterizzazioni e i principali aspetti culturali, in quanto ciò assicura alle mamme straniere un benessere emotivo durante l’intero percorso di nascita. I risultati in forma più estesa sono stati esposti dettagliatamente nelle conclusioni finali di questo lavoro.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Scuola di Medicina e Chirurgia Dipartimento di Medicina Corso di Laurea in Infermieristica
 
Effetti dell’obesità sull’outcome di gravidanze singole
di: Giuliana Formisano

Effetti dell’obesità sull’outcome di gravidanze singole

RELATORE: Prof. M. Guida

CORRELATORE: Prof. G. M. Maruotti

TESI DI LAUREA DI: Giuliana Formisano

Introduzione

L’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito l’obesità come una problematica a carattere pandemico la cui prevalenza è maggiore nei paesi industrializzati. Essa è causata, nella maggior parte dei casi, da uno stile di vita scorretto, inteso sia in termini di alimentazione ipercalorica e sia in termini di ridotto dispendio energetico. Particolarmente allarmante è il numero di donne che giunge alla gravidanza in stato di obesità. L’obesità materna, infatti, è caratterizzata da specifici rischi sia per il feto che per la madre che si presentano durante l’intera gravidanza.
L’eccessivo peso pregravidico rappresenta un importante fattore di rischio per la gravidanza, predisponendo allo sviluppo di patologie metaboliche come il diabete mellito, l’ipertensione e le dislipidemie; può essere la causa di parto pretermine, macrosomia fetale e conseguente distocia di spalla e danno feto-neonatale al momento del parto. Aumenta il tasso di operatività vaginale, taglio cesareo e delle complicanze del post-partum come la metrorragia, gli eventi trombo embolici e le infezioni. Da non dimenticare inoltre le possibili complicanze anestesiologiche e di procedura chirurgica rese difficoltose dall’adipe.
L’obiettivo del presente studio prospettico è stato quello di valutare l’impatto dell’Indice di Massa Corporea (BMI) sull’ outcome materno, fetale e neonatale.
Dal nostro studio si evince che il BMI pregravidico e l’incremento ponderale in gravidanza hanno un impatto fortemente significativo sul decoroso della gravidanza stessa. Pertanto ogni tentativo di prevenire l’obesità nelle donne in età fertile deve essere attuato ancor prima della gravidanza con un regime alimentare sano e personalizzato.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche
 
Temperatura all’ammissione al nido dei neonati sani dopo skin to skin
di: Federica Patarino

Temperatura all’ammissione al nido dei neonati sani dopo skin to skin

RELATORE: Prof. Daniele Trevisanuto

CORRELATORE: Dr. Nicoletta Doglioni

TESI DI LAUREA DI: Federica Patarino

Introduzione

Se non viene garantita un’adeguata fonte di calore, sia il neonato pretermine che quello a termine sono a rischio di sviluppare ipotermia entro pochi minuti dalla nascita: questo si verifica in tutti i contesti, sia quelli urbani che quelli rurali, e in tutte le regioni del mondo, comprese quelle a clima temperato. La prevalenza dell’ipotermia neonatale, molto variabile (range 32-85%), è sostanzialmente superiore nei paesi a basse risorse, ed è da tempo che l’ipotermia neonatale viene riconosciuta come importante causa di morbidità e mortalità. Alla luce di queste evidenze l’OMS ha pubblicato, nel 1997, la “warm chain”, una serie di procedure che devono essere messe in atto in modo da evitare la perdita di calore da parte del neonato. Sempre in questo rapporto viene data una definizione di ipotermia (fino ad allora ci si riferiva in letteratura a valori molto eterogenei) che viene classificata in lieve (TC 36-36,5°C), moderata (32-35,9°C) e grave (<32°C)

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Università degli Studi di Padova
DIPARTIMENTO di SALUTE della DONNA e del BAMBINO
 
Il taglio cesareo “dolce”: i vantaggi di una pratica incentrata sulla famiglia
di: Federica Migliaccio

Il taglio cesareo “dolce”: i vantaggi di una pratica incentrata sulla famiglia

RELATORE: Dott.ssa Rosanna Zapparella

Correlatore: Dott. Giuseppe Maria Maruotti

TESI DI LAUREA DI: Federica Migliaccio

Introduzione

Questa tesi nasce da un'esperienza capitata al momento giusto, in una mattinata iniziata male. Un'esperienza che è stata in grado di ricordare a me e agli altri presenti che quella sterile sala può ospitare molto più che freddezza, strumenti chirurgici e sangue; che può essere la sede, al pari della sala parto, di quanto di più bello ci sia al mondo. Ricordo la prima volta che, timida e impaurita, calzai cuffietta e mascherina e mi posi, facendomi piccola piccola, alle spalle del tavolo madre per osservare il mio primo taglio cesareo. Coi miei occhi inesperti ed elettrizzati guardavo il primo e il secondo operatore tirare e strattonare con forza, fare pressione sul fondo e frugare in utero con le mani. Mi chiesi se tutto ciò corrispondesse alla normalità.
In 5 minuti la testina fu fuori e il resto del feto fu estratto dall’addome della madre. Il cordone fu clampato e tagliato subito e il bimbo iniziò a gridare. La paziente gioiva e ringraziava, mentre il suo piccolo Francesco le veniva strappato via dai pediatri. Poté vederlo solo per un secondo, tutto avvoltolato in una copertina. E per quel meraviglioso istante il pianto del bimbo si arrestò, per poi riprendere ancora più imponente quando, un attimo dopo, fu allontanato di nuovo e trasportato al nido. Allora la porta della sala si chiuse alle spalle delle infermiere pediatriche e il rumore delle ruote della culla pian piano si affievolì.
Invece quella mattina le cose furono diverse: il ginecologo lasciò che il bimbo si facesse strada da solo verso la vita, dimenandosi e calciando le pareti del suo guscio, poi lo prese, lo asciugò e lo pose sul torace della madre, senza ancora tagliare il cordone. Fu come se tutte le luci si fossero spente eccetto quelle che illuminavano i loro volti, nessuno osava fiatare. Madre e bimbo erano lì soli, a godersi quell’istante di pura bellezza.
Il classico taglio cesareo tende ad espropriare i protagonisti della straordinaria e personalissima esperienza della nascita e a minare il benessere maternofetale. Il neonato nato da TC è separato bruscamente dalla madre: la sua mimica, la sua agitazione frenetica, il tono delle sue grida, esprimono visibilmente il suo panico e la sua sofferenza.
Il parto cesareo “dolce” rappresenta allora un nuovo approccio al parto chirurgico, che punta a dare maggior enfasi alla triade madre-neonato-padre: anche in sala operatoria il parto è un momento magico e unico in cui nasce una famiglia. Da questa esigenza è partita la mia ricerca ed è scaturita la mia Tesi, la quale mi ha permesso di dare fondamento alle emozioni che avevano pervaso la sala in quel giorno di scoperte.
Il primo capitolo del mio lavoro definisce l’intervento del taglio cesareo a partire dalla sua storia, passando per l’epidemiologia, le indicazioni, i rischi e le fasi in cui è suddiviso.
Il secondo e il terzo si focalizzano, invece, sulle implicazioni che la procedura ha sulla coppia e, in particolare, sul neonato. Descrive la leggerezza che quest’ultimo percepiva in utero e le innumerevoli lotte che deve affrontare per venire al mondo. Infine confronta l’adattamento alla vita extrauterina del nato da parto spontaneo con quello del nato da taglio cesareo, sottolineando le accentuate brutalità che il secondo è costretto a sopportare.
Il quarto capitolo introduce e presenta la pratica del cesareo “Familycentered”, versione più naturale della tecnica classica e cuore della mia Tesi. Ne espone componenti e metodi di realizzazione, nonché benefici e rischi per la triade. Uno spazio è dedicato, nello specifico, alla figura dell’ostetrica e al suo ruolo durante l’evento, poiché la sua Arte deve esplicarsi nel rispetto e nella tutela della nascita in tutte le sue modalità. Il quinto capitolo si occupa della necessità di un re-bonding a seguito di un parto operativo: si tratta della rigenerazione del legame attraverso tecniche quali marsupioterapia, rooming-in, allattamento al seno, contatto visivo e massaggio infantile.
A completamento di quanto espresso nei capitoli precedenti, il sesto e il settimo capitolo costituiscono la parte sperimentale della mia Tesi. Dapprima viene riportato uno studio di tipo osservazionale analitico caso-controllo svolto nell’anno corrente e la relativa analisi dei dati raccolti; successivamente, a causa della limitatezza di questi ultimi (legata allo scarso numero di casi disponibili nella clinica ostetrica dell’A.O.U. Federico II di Napoli), si esamina approfonditamente la preesistente letteratura concernente la tecnica del “Gentle Cesarean”.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
CORSO DI STUDI IN OSTETRICIA
 
Contatto pelle a pelle, allattamento al seno e rooming in: effetti sul calo ponderale nel neonato sano a termine
di: Giulia Malvestio

Contatto pelle a pelle, allattamento al seno e rooming in: effetti sul calo ponderale nel neonato sano a termine

RELATORE: Prof.ssa a c. Peruzzo Chiara

TESI DI LAUREA DI: Giulia Malvestio

Introduzione

L’UNICEF e l’OMS all’interno delle Linee Guida del 2012 affermano che le madri di un neonato sano a termine dovrebbero tenere il proprio bambino a contatto pelle a pelle subito dopo la nascita o non appena possibile, e che promuovere l’attacco al seno entro i 30 minuti dal parto, favorisce l’esclusività dell’allattamento al seno già nei giorni che precedono la dimissione del neonato.
Se il calo ponderale del neonato è ≥10% o perdura, ci si trova dinnanzi ad una condizione sfavorevole; in questo caso, la causa va ricercata in primis in un errore nell’alimentazione o in un mancato contatto pelle a pelle tra mamma e neonato avvenuto subito dopo la nascita. Dunque, per la promozione, protezione e sostegno dell’allattamento al seno l’OMS e l’UNICEF promuovono dal 1992, l’iniziativa “Ospedale Amico dei Bambini”; in particolare, il modello di rooming in, il quale favorisce il contatto pelle a pelle e la permanenza di madre e neonato nella stessa stanza durante la degenza. Tale progetto viene garantito dall’applicazione dei “10 Passi”; con l’obiettivo di assicurare che tutti gli ospedali offrano la migliore assistenza ai neonati.
L’interesse per il tema introdotto è nato da un’esperienza di tirocinio avvenuta durante il secondo anno di corso presso la Sezione di Assistenza Neonatale (SAN) del Presidio Ospedaliero di Conegliano; ho potuto osservare il modello di assistenza materno-neonatale applicato, analizzarlo criticamente assieme all’equipe, confrontandolo con il modello di rooming in nella SAN del P.O. Vittorio Veneto, appartenente alla stessa U.O. di Pediatria.
Pertanto è stato posto l’obiettivo di valutare la relazione tra i modelli di assistenza materno-neonatale e la perdita di peso del neonato durante la degenza, osservando quali variabili materne e/o neonatali intervengono sull’esito considerato.
Sono stati dunque proposti elementi di riflessione per il miglioramento dell’assistenza infermieristica in ambito materno-infantile, con particolare attenzione all’allattamento al seno e al benessere materno e neonatale.

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Università degli Studi di Padova Scuola di Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Infermieristica
 
Gli strumenti infermieristici per identificare precocemente il disturbo da stress post-traumatico nei genitori in terapia intensiva neonatale
di: Micaela Riba

Gli strumenti infermieristici per identificare precocemente il disturbo da stress post-traumatico nei genitori in terapia intensiva neonatale

RELATORE: Dott.ssa Lazzari Franca

TESI DI LAUREA DI: Micaela Riba

Introduzione

Il ricovero del propio figlio nell'unità di terapia intensiva neonatale (TIN) può risultare un evento stressante e traumatico per i genitori, e nella ripercussione del trauma possono sviluppare il disturbo da stress post traumatico (PTSD). Nel corso di questo ultimo decennio si è visto un incremento importante di nuovi casi di PTSD nei genitori all’interno delle TIN, nei genitori questo può portare a interruzzione nella genitorialità vale a dire più interazioni controllate e meno sensibili, cognizione alterata, problemi comportamentali e uso inappropriato del'assistenza sanitaria. Lo scopo di questo elaborato è di effettuare un'analisi critica della letteratura per indagare come può l’infermiere, e con quali strumenti, identificare precocemente i genitori che hanno sviluppatoto il disturbo da stress post traumatico dopo il ricovero del propio figlio all’interno di una terapia intensive neonatale. Attraverso la ricerca sulle banche dati quali Medline, Cinahl, PsycINFO, Cochrane Library, sono stati selezionati 5 articoli che prendono in esame i vari strumenti disponibili all'infermiere. Dall' analisi degli articoli emerge che, esistono strumenti self-report e non, con una modesta capacità predittiva, ma gli studi a riguardo sono ancora ridotti. Inoltre esistono numerosi fattori di rischio per lo sviluppo del PTSD da tenere in considerazione. Si ritiene indispensabile, sopratutto oggi giorno, di effettuare test di screening ai genitori nel momento in cui effettuano l’accesso in TIN, per poter identificare precocemente il disturbo nei neogenitori.

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Università degli Studi dell'INSUBRIA
Corso di Laurea in Infermieristica
 
La facilitazione del bonding: l’assistenza infermieristica come arte in età neonatale
di: Rossella Orlando

La facilitazione del bonding: l’assistenza infermieristica come arte in età neonatale

RELATORE: Dott.ssa Clelia Esposito

TESI DI LAUREA DI: Rossella Orlando

Introduzione

L’assistenza infermieristica pediatrica è un’arte… anzi è una delle più belle arti. Intendere la professione infermieristica come una forma di arte è la prerogativa di ogni infermiere pediatrico nell’esercizio della professione, specialmente nel delicato momento della nascita quando la sua attenzione è prevalentemente rivolta al neonato e alla mamma, nonché alla famiglia.
Durante il mio percorso di formazione al nido, mi sono resa conto quanto meravigliosi e delicati siano i momenti della nascita di un bambino, ma anche del ruolo e dell’impatto che hanno le figure che entrano a far parte di quei momenti. Ho iniziato così a documentarmi sull’argomento in diversi modi (internet, libri, professionisti), seguire un corso di formazione per bonding nella mia università, proprio per ampliare la mia conoscenza su questa tematica ritenuta importantissima. Mi sono resa conto, così, di come il bonding sia una pratica ancora poco diffusa, di sconosciuta importanza e con lacune di informazioni. Negli ospedali partenopei non viene ancora praticato, ma il Dipartimento materno-infantile dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli ha istituito corsi di formazione mirati per i dipendenti del dipartimento. Durante il periodo della gravidanza la donna viene accompagnata e seguita durante il suo percorso, da professionisti sanitari (infermiere pediatrico, ostetrica e ginecologa), che si accertano che la madre segua le cure prenatali adeguate per garantire la salute del bambino. In questi nove mesi, tra i due nasce un legame che si intensifica sempre di più, fatto di suoni, carezze, odori e sensazioni; tale legame si concretizza alla nascita dove finalmente gli occhi dei due si incrociano per la prima volta originando quel nodo d’amore destinato a durare tutta la vita. Per tale motivo è molto importante permettere che il processo di attaccamento madre-neonato, già prima, ma ancor di più subito dopo la nascita sia favorito nel modo corretto. Devono essere, pertanto, considerati gli elementi che compongono il bonding (privacy, ambiente, contatto pelle a pelle, rooming-in, allattamento precoce…); per fare in modo che questo avvenga è necessario che la struttura e i professionisti condividano tale pratica e siano adeguatamente formati. L’obiettivo del presente elaborato vuole mostrare come l’arte assistenziale del maternage e di conseguenza del neonato possa operare una forma di benessere incomparabile, sostenendo l’unità madre bambino anche nelle forme più complesse. Pertanto un infermiere pediatrico che lavora in una UO Nido/TIN deve essere in possesso di capacità che lo rendano adeguato a sviluppare una relazione con l’altro sia esso neonato sano o pretermine e/o con i genitori.
Molti studiosi particolarmente sensibili alla neonatologia hanno immaginato tante forme di accoglienza e di vicinanza, al fine di creare intorno ad un neonato o ad una incubatrice, un mondo adatto in grado di trasformare l’alone della sofferenza in benessere.

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Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
Dipartimento della Donna,del Bambino e di Chirurgia Generale e Specialistica
 
Il Babywearing: la riscoperta di una pratica antica, per vivere una genitorialità con con-tatto
di: Antonietta Paone

Il Babywearing: la riscoperta di una pratica antica, per vivere una genitorialità con con-tatto

RELATORE: Dott.ssa Rosanna Zapparella

TESI DI LAUREA DI: Antonietta Paone

Introduzione

La mia tesi tratta del babywearing, che letteralmente significa “indossare il bambino“. Una pratica, ma oserei dire ,una vera e propria arte .Portare non è un mero atto cinetico, ma racchiude e soddisfa il bisogno di relazione e di contatto di cui madre e bimbo necessitano. Portare addosso, infatti, migliora lo sviluppo fisico del piccolo, lo espone ad adeguati stimoli sensoriali, ma nel contempo, gli permette di continuare quel legame intrauterino , quell’unione, che la nascita gli ha privato. Mi sono avvicinata a questo mondo, grazie alle mamme, con marsupi e fasce, che mi è capitato di incontrare. Ho potuto osservare le diverse tipologie di supporto, ma anche i vari modi di portare. Ho visto una mamma con il suo piccolo tenuto così in basso, che le stava quasi in mezzo alle gambe, tale da farlo sballottare a ogni passo; mamme invece, che usavano il supporto liberamente, quasi dimenticandosi che stessero indossando; mamme così vicino al piccolo che sembrava impossibile immaginarle senza. Tuttavia, la cosa che più mi ha affascinato è stata la relazione madre/bambino che quel supporto creava ; due figure distinte, ma nel contempo, unite dal contatto visivo, tattile, olfattivo. Spinta dalla curiosità, allora, mi sono informata, su libri e riviste e ho potuto, così colmare, alcuni dubbi che questa pratica può far sorgere in tutti coloro, che come me, ne sono affascinati. Ho deciso così, di spiegare questo argomento, qui contenuto, iniziando da una parte teorica, in cui ho illustrato cosa sia il babywearing, la sua origine, quali sono i suoi benefici provati scientificamente, e le precauzioni per viverlo in modo corretto. Nella parte successiva, ho spiegato i vari tipi di supporto, i relativi pro e contro, e come è possibile portare bimbi speciali, disabili e prematuri. E’ vero, portare è contenimento, è unione , ma mi sono chiesta quanto ciò si conosca davvero; se l ‘utilizzo del passeggino è davvero una scelta consapevole , o se sia l’unica alternativa che le mamme di oggi conoscono. L’obiettivo non è scoraggiare l’uso del passeggino o degli altri supporti, tanto in voga oggi, ma di far conoscere alle mamme quest’altro modo di prendersi cura, con tutti i suoi pro e contro, facendogli abbandonare i pregiudizi di povertà, o di semplice mezzo “alternativo” che molte gli attribuiscono. Mi sono posta l’obiettivo,nel mio piccolo, di far scaturire un pò di interesse in tutte le donne che leggeranno questa tesi, quel minimo di curiosità, da spronarle ad informarsi su questo mondo “nuovo” ,ma in realtà antico, di prendersi cura. Il mio scopo, nella parte sperimentale ,tuttavia, è stato quello di valutare il grado di conoscenza, al riguardo, nella popolazione campana; se sono i pregiudizi, o semplicemente la mancanza di conoscenza a spingere le mamme napoletane a ripiegare su passeggini e cullette varie. Purtoppo la conoscenza, qui è ridotta al minimo ed è doveroso, per questo, impegnarsi per incrementare la curiosità e l’informazione su questo magnifico mondo. Sono convinta che un’ ottimale divulgazione, può cambiare la coscienza della nostra società. I bambini si troverebbero in tutte le situazioni quotidiane e , non sarebbero più un impedimento per la libertà dei genitori. Le restrizioni a cui sono sottoposti i genitori con bambini ,del resto,non sono naturali, ma imposte artificialmente dalla nostra società. Nelle culture tradizionali, per esempio, che hanno una vera cultura del portare, la vita con i loro bambini e la loro integrazione nella vita sociale, sono normali e naturali .Portare può essere considerata come un scelta, quindi, che permette di vivere più intensamente i primi anni con i propri figli, mettendosi in ascolto delle loro esigenze, in modo da poter vivere l’esperienza di genitori con maggiore gioia e serenità. Questo è quello che ho cercato di dimostrare nel mio studio ,dove si evince che la maggior parte degli intervistati campani non conosce proprio l’utilizzo di fasce o marsupi. C’è molta carenza di informazioni, soprattutto da parte dei professionisti sanitari, i quali non informano proprio su questa tecnica o comunque, non lo fanno come dovrebbero. La gran parte degli utilizzatori di fasce, per esempio, sostiene di aver ricevuto informazioni tramite il web,tra cui gruppi e pagine facebook. Molte mamme si sono affidate ai video su youtube per imparare e capire qualcosa sui vari supporti, mentre solo alcune, hanno ricevuto informazioni da parenti e amici. Non solo zii, parenti ,ma soprattutto le ostetriche , sono fondamentali per questa riscoperta di un antico modo di portare. Nei corsi preparto, nei consultori , negli ambulatori, nelle scuole, l’ostetrica dovrebbe divulgare i benefici del portare. Credo che nessuna figura professionale, così vicina ed empatica con le donne, può farsene portavoce. Solo così le donne potranno fare una scelta consapevole, e solo così, potranno beneficiare di quel calore e di quell’unione creato dal grembo materno.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche
 
L’impatto psicologico della diagnosi ecografica sull’attaccamento prenatale in donne con organizzazioni di personalità a reciprocità fisica e semantica
di: Alessia Venturini

L’impatto psicologico della diagnosi ecografica sull’attaccamento prenatale in donne con organizzazioni di personalità a reciprocità fisica e semantica

RELATORE: Prof. Alessandro Cecchi

TESI DI LAUREA DI: Alessia Venturini

Introduzione

Il nostro secolo è caratterizzato dal trionfo della tecnologia e medicalizzazione della gravidanza che hanno trasformato radicalmente l’attesa del bambino: se da un lato hanno contributo al progresso dell’indagine diagnostica, riducendo in modo significativo la morbosità e la mortalità perinatale, dall’altro hanno notevolmente influenzato la relazione prenatale, quella tra la madre e il bambino che porta in grembo. Per tecnologia intendiamo le ecografie, gli screening, gli esami invasivi e non: metodiche che vengono offerte alla donna durante la gravidanza, indaganti lo stato di benessere fetale, che influiscono notevolmente sul legame prenatale, sulla costruzione della genitorialità, nonché sui pensieri e sulle emozioni materni (Righetti P.L., 2008; Debrassi F., Imbasciati A., 2010). La gravidanza fa cambiare il modo di pensare della donna, si inizia a Pensare per due (Ammaniti M., 2008), si prepara a diventare madre ed entra in uno stato psicologico particolare. Il suo cervello si modifica per accogliere e per interagire con la creatura che sta crescendo dentro di lei. I sentimenti più forti come la paura, l’ansia e l’amore vengono sollecitati costantemente a seconda delle circostanze esterno. Lo stile di attaccamento, le risposte agli eventi e i modi di riferirsi le esperienze che si trova ad affrontare dipendono della sua Personalità. Da parte sua il feto è un essere cosciente e sensibile, dotato di vita psichica, sensorialità e memoria. Accoglie tutto quello che la madre gli invia mediante il complesso scambio ormonale che si crea tra i due. Non solo le emozioni positive, ma anche quelle negative lasciano in lui una traccia. Questo dialogo mediato dalla placenta sarà fondamentale per il suo sviluppo nonché base della loro relazione. Tra i vari esami diagnostici abbiamo scelto di focalizzarci sull’ecografia ostetrica, le cui metodiche oggi si stanno rinnovando, permettendo di ottenere anche scansioni in 3-4 D. Essa è l’esame per eccellenza nello studio dell’anatomia fetale, permettendo di individuare/escludere patologie malformative; è considerata uno dei fattori coinvolti nella formazione del legame materno fetale poiché le immagini ecografiche rendono reale il bambino che si sta formando e sta crescendo in utero; influisce sui pensieri e sulle emozioni, influenzando, a seconda dell’esito e della metodica utilizzata, positivamente o negativamente il quadro psicologico materno. L’ idea di questo studio è nata dopo un’attenta analisi della letteratura. Le nuove scoperte ed indagini sulla maternità e sul mondo prenatale hanno permesso di scoprire che la donna si prepara fisicamente, biologicamente, psicologicamente e mentalmente a diventare madre; che il feto è un essere cosciente e sensibile; che i canali biologici mediati dalla placenta permettono la comunicazione e l’interazione tra i due; che il periodo della vita prenatale è la fase più importante di tutto il ciclo della vita perché da questa dipenderanno tutte le altre (Soldera G., 2014). Alla luce del fatto che l’esito dell’ecografia, la visione delle immagini in 3D del feto e la Personalità della madre hanno un impatto sull’investimento affettivo verso il bambino e sul quadro psicologico, abbiamo pensato di condurre questa indagine osservazionale. È uno studio che concilia l’esperienza della diagnosi ecografica prenatale (esito dell’esame ed esecuzione o meno dell’ecografia tridimensionale), l’attaccamento e l’impatto sulla psicologia materna, in donne con Organizzazioni di Personalità a reciprocità fisica e semantica.

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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di Laurea in OSTETRICIA
 
Il ruolo dell’ostetrica nell’assistenza alle donne vittime di violenza; fattori di rischio ed esiti fisici ed emotivi sulla diade madre - bambino
di: Paola De Rosa

Il ruolo dell’ostetrica nell’assistenza alle donne vittime di violenza; fattori di rischio ed esiti fisici ed emotivi sulla diade madre - bambino

RELATORE: Dott.ssa Rosanna Zapparella

TESI DI LAUREA DI: Paola De Rosa

Introduzione

Futura è una bambina cresciuta troppo in fretta, che “ha vissuto troppe cose per i pochi anni che ha”, che ha dovuto affrontare realtà che non dovrebbero esistere. Futura ha visto schiaffi, calci, strattonate, ha sentito le urla di un uomo troppo violento e ha asciugato le lacrime di una madre distrutta. Futura ha vissuto sulla sua pelle la violenza, ne ha subìto ogni conseguenza, ne conserva ogni segno. Ha trascorso notti dove il buio era dentro sé, non fuori la finestra, quando il calore delle coperte era l’unico a darle riparo. Futura ha pianto fino a finire le lacrime, ha stretto i pugni fino a farsi male, ha trattenuto tutte le grida che avrebbe voluto tirar fuori, facendo del silenzio il suo rifugio. Così ha capito che il silenzio è più assordante delle parole, e che quasi sempre non serve far rumore perché gli altri lo stesso non capirebbero. Futura si è sentita morta, oppressa da quella verità troppo spietata e cruda, ha spento ogni passione, ha smesso di credere nell’amore, si è lasciata trasportare per inerzia dalla corrente degli eventi, forse aveva bisogno di tempo, forse era ancora troppo piccola per comprendere a pieno e troppo debole per reagire. Futura ha conosciuto il dolore, e ne ha fatto la sua forza. Avrebbe potuto decidere di percorrere strade poco sane, di farsi trascinare a sua volta nel circolo della violenza e dell’odio, in quel mondo dove nulla è sano e tutto appare irreversibile. E invece ha scelto di opporsi a tutto questo e rinascere, ha deciso che esistono realtà più belle di quella che era stata costretta a vedere. Ha preso la sofferenza e ne ha fatto energia, ha preso le lacrime e ne ha fatto germoglio. Futura crede nel coraggio delle donne, nella loro forza, nella loro tenacia, si lascia affascinare dalla bellezza disarmante della vita, dalla leggerezza della serenità. Crede nei rapporti leali e limpidi, crede che l’amore esiste, e tutto ciò che si esprime con comportamenti violenti non può essere definito tale. Futura è ogni persona che ha combattuto per qualcosa, è ogni vittima che ha avuto il coraggio di ribellassi e riprendersi la propria vita. Futura è ogni coppia che aspetta un figlio, e si impegna affinché questo possa vivere all’ insegna di relazioni sane. Futura è ogni donna che crede nelle proprie risorse, è ogni uomo che con onore merita questo appellativo. Futura è un’ostetrica, Futura non fa l’ostetrica, non è diventata ostetrica, lei è ostetrica, lo è sempre stata, perché essere ostetrica è uno stile di vita, perché l’amore per quest’arte va oltre ogni tipo di meschinità, perché poter essere presente alla nascita di una nuova vita rimane comunque il privilegio più grande di tutti. Questo elaborato nasce dal desiderio di far emergere una realtà, quella della violenza sulle donne, molto diffusa ma ancora troppo poco conosciuta, che meriterebbe più attenzione rispetto a quanta gliene venga data. Vuole essere un inno alla Vita, pur affrontando argomenti che apparentemente sembrano discostarsi dalla bellezza della stessa, uno sprone per le donne a non arrendersi e non accontentarsi di una vita passiva, ma credere nelle proprie capacità, nella propria femminilità, spingerle ad avere una consapevolezza di sé in quanto Donne. Vuole essere una provocazione per questa società ancora basata su concetti tradizionalisti, radicali e poco lungimiranti. Vuole essere una scossa per quegli uomini che non hanno compreso la gravità delle proprie azioni, e un elogio a quegli Uomini che, invece, affiancano le proprie donne con sentimenti puri, sinceri, veri. Vuole essere uno spiraglio di speranza per tutti i bambini vittime di violenza che si trovano a combattere battaglie troppo più grandi di loro. Vuole essere una celebrazione a quest’arte ostetrica, forse la più antica che l’umanità possa ricordare, che più di tutto mi ha mostrato la bellezza della vita, mi ha lasciata con il fiato sospeso, mi ha fatta commuovere, e grazie alla quale ho potuto incontrare donne straordinarie.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche
 
Anche i papà vogliono esserci: considerazioni ed effetti della presenza del partner in sala parto
di: Maria Castiello

Anche i papà vogliono esserci: considerazioni ed effetti della presenza del partner in sala parto

RELATORE: Dott.ssa Rosanna Zapparella

TESI DI LAUREA DI: Maria Castiello

Introduzione

Dall’ultimo rapporto Cedap, relativo all’anno 2015, è emerso che nel 92,27% dei casi la donna ha accanto a sé al momento del parto il padre del bambino. I padri, quindi, non restano più ore ed ore fuori la sala parto aspettando con ansia il momento in cui verrà annunciata loro la nascita del proprio figlio. Questa maggior partecipazione è dovuta senza dubbio ai cambiamenti che il ruolo e la figura paterna hanno conosciuto negli ultimi 50 anni, legati in particolar modo all’ingresso delle donne nel mondo del lavoro. Infatti, se i compiti della donna non erano più legati strettamente alla sfera domestica, l’uomo non poteva più chiamarsene totalmente fuori. La figura paterna ha così perso, nel corso degli anni, i tipici caratteri legati esclusivamente all’autorità, alla mancata espressione delle emozioni, lasciando spazio a nuovi modelli di padri più partecipi e presenti nelle vite dei propri figli, già a partire dalla gravidanza, con benefici per tutta la triade. Infatti, un futuro papà interessato e vicino alla propria compagna influisce sul benessere della donna e, di conseguenza, anche su quello del feto ed acquisirà più facilmente il nuovo ruolo. Tuttavia, non bisogna dimenticare che anche per l’uomo la gravidanza è una transizione importante che porta con sé ambivalenze ed emozioni contrastanti proprio come nella donna. Anche lui, infatti, oltre a dover compiere la transizione da figlio e marito a genitore, dovrà far spazio al bambino che verrà nella propria mente. In questa fase così delicata, l’ostetrica può essere di supporto alla coppia sia attraverso il counselling, sia attraverso i corsi di accompagnamento alla nascita. Questi ultimi non solo forniscono alla coppia informazioni sulla gravidanza, su come prendersi cura del neonato, sul travaglio e sul parto, ma sono anche un’occasione importante per condividere sia con le altre coppie, sia con i propri partner paure ed ansie legate ai nuovi ruoli. In questi corsi è importante coinvolgere il più possibile anche gli uomini cercando di adeguare i contenuti a quelli che possono essere i loro bisogni. In alcuni casi sono stati istituiti corsi o sono stati riservati incontri solo ai futuri papà per poter dare loro l’opportunità di confrontarsi ed aprirsi più liberamente con altri padri. I corsi appena descritti forniscono anche gli strumenti necessari per poter supportare la propria compagna in sala parto. Nonostante l’elevata percentuale di padri che prendono parte alla nascita del proprio bambino, questa presenza per alcuni è quasi scomoda. In letteratura diversi studi hanno dimostrato come, la presenza del partner, influisca sui livelli di ansia e di stress, sulla percezione del dolore e contribuisca a dare alle donne maggiore sicurezza. Inoltre, partecipare alla nascita del proprio bambino influisce sul legame che si verrà a creare tra padre e figlio. Per garantire un’esperienza positiva per la coppia, è l’ostetrica a dover fornire loro un ambiente sicuro, intimo e a dare loro tutto il supporto e le informazioni delle quali hanno bisogno. Sulla base di queste considerazioni iniziali, è stato condotto uno studio per valutare se il partner può influire su alcuni parametri del travaglio di parto, come durata, uso di ossitocina, livelli di ansia e di dolore percepiti, e di comprendere come la donna percepisce il supporto ottenuto.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche
 
Neuroscienze e apprendimento: imitazione e didattica alla luce della scoperta dei neuroni specchio
di: Melissa Verona

Neuroscienze e apprendimento: imitazione e didattica alla luce della scoperta dei neuroni specchio

RELATORE: Dr.ssa Alessia Cadamuro

TESI DI LAUREA DI: Melissa Verona

Introduzione

Le neuroscienze cognitive vengono definite come un insieme di discipline che coinvolgono principalmente la neurologia, la biologia, la psicologia, la neuropsicologia e hanno evidenziato come il cervello dell’essere umano sia formato da aree altamente specializzate in cui si svolgono le funzioni cognitive, ad esempio attenzione, linguaggio, apprendimento, memoria, da sempre oggetto principale della psicologia dell’educazione. Per questo la presente tesi nasce con lo scopo di indagare la relazione tra le neuroscienze e l’apprendimento, dimostrando come lo sviluppo cognitivo e la costruzione degli apprendimenti, in particolar modo dei bambini in età scolare e prescolare, non possa prescindere dai correlati neurali alla base della cognizione. Poiché i processi cognitivi dipendono dal cervello e la cognizione deriva dall’attività neuronale, le teorie cognitive alla base della psicologia dell’educazione devono tenere conto del funzionamento cerebrale, della relazione cervello-cognizione. Dal momento che la nascita delle neuroscienze cognitive è stata possibile principalmente grazie alla scoperta dei neuroni specchio, si vuole dimostrare in quale modo tale scoperta abbia influenzato non solo il mondo delle neuroscienze, ma anche la psicologia dell’educazione e dello sviluppo. Infine, si vuole anche dimostrare in quale modo sia stato possibile riconsiderare la didattica e l’importanza di strategie d’insegnamento all’interno delle classi attraverso l’apprendimento osservativo e grazie al connubio tra queste discipline. Nel dettaglio, questa tesi vuole dimostrare come la scoperta dei neuroni specchio abbia permesso di rivalutare e dare un contributo scientifico al mondo della psicologia, perché ha permesso di avvalorare le teorie dell’apprendimento per imitazione, dimostrando come tale tipologia di apprendimento sia rilevante nella crescita e nello sviluppo dell’essere umano. Le tecniche di neuroimaging che saranno presentate nel corso della tesi hanno evidenziato il funzionamento cerebrale e la plasticità neuronale, focalizzando l’attenzione sull’interazione tra i meccanismi di natura genetica, sulle predisposizioni innate e le esperienze vissute da ogni individuo, dimostrando come tutti questi aspetti influiscano sui processi e sulla specializzazione cognitiva. 6 La presente tesi è strutturata in tre capitoli. Nel primo capitolo l’attenzione è stata focalizzata sulle teorie dell’apprendimento osservativo. Inizialmente sono stati presentati al lettore i presupposti teorici dell’apprendimento, evidenziando le idee base e gli esponenti delle principali correnti di pensiero del 1900 (comportamentismo, cognitivismo, costruttivismo), inoltre sono state illustrate le teorie che, per prime, hanno studiato i comportamenti imitativi nei soggetti. Ci si è concentrati principalmente sulle teorie sociali di Bandura e di Vygotskij, sul “modeling” e sui processi mentali che si attivano nel momento in cui il soggetto interagisce con l’ambiente, dimostrando come le strutture e le reti sociali in cui vivono gli individui influiscano nello sviluppo dell’apprendimento del bambino. Nella parte conclusiva del capitolo è stato dato spazio alle teorie moderne dell’imitazione, dimostrando che i comportamenti imitativi nella prima infanzia sono strumenti conoscitivi della realtà di natura innata, coinvolti nello sviluppo del linguaggio e fondati sull’intersoggettività e sull’empatia. Sono state proposte diverse ricerche al fine di dimostrare che l’imitazione offre la possibilità di creare un forte legame tra fratelli e con il gruppo dei pari. Infine è stata presentata la funzione del gioco simbolico, come esemplificazione dell’imitazione tra pari in età prescolare. Nel secondo capitolo si è voluto offrire una descrizione precisa e dettagliata delle sperimentazioni che hanno condotto alla scoperta del sistema dei neuroni specchio nei macachi e, successivamente, nell’uomo. Sono state presentate diverse tecniche di attività cerebrale (risonanza magnetica funzionale, PET, stimolazione magnetica transcranica) che hanno dimostrato il coinvolgimento dei neuroni specchio nella cognizione e nell’imitazione, evidenziando come questa classe di cellule si attivi nel momento in cui il soggetto osserva e riproduce l’azione presentata da terzi. L’attenzione è anche stata focalizzata sui meccanismi sostenuti dai neuroni specchio, facendo riferimento alla “simulazione incarnata”, coinvolta nel riconoscimento delle azioni e delle intenzioni altrui e grazie alla quale possiamo riconoscere gli stati mentali degli altri individui. Sono stati spiegati i meccanismi alla base del sistema dei neuroni specchio, che possono essere considerati la base neurale dell’empatia e ci permettono di entrare in relazione con gli altri. Infine è stata presentata 7 brevemente l’“embodied cognition” (cognizione incarnata), secondo cui la conoscenza dell’altro avviene grazie all’esperienza attraverso il corpo. Nel terzo capitolo invece viene fatto un breve accenno al funzionamento delle strutture cerebrali coinvolte nei processi di apprendimento (sistema corticale, ippocampo, amigdala) e viene analizzata la relazione tra i neuroni specchio e l’apprendimento per imitazione, illustrandone sia la funzione sociale sia la valenza didattica. Attraverso la presentazione di numerose ricerche è stato dimostrato l’apporto che la scoperta dei neuroni specchio ha dato alla psicologia dell’educazione, presentando l’imitazione come un fenomeno di origine innata, inconscia e selettiva per ogni individuo. Al fine di evidenziare una delle principali funzioni sociali dell’imitazione sono state proposte tre differenti teorie che illustrano le possibili cause dello spettro autistico, evidenziando come un malfunzionamento nel sistema dei neuroni specchio e, più in generale, delle attività neurali presenti nel cervello, possano essere alla base dell’incapacità dei soggetti di sviluppare le abilità che permettono di comprendere le emozioni e le intenzioni altrui, tipiche dei soggetti e dei bambini autistici. Per concludere, si è voluta illustrare la correlazione tra le neuroscienze e la didattica, dimostrando come questa possa essere rivalutata all’interno della classe e con bambini in età scolare. In particolare è stato dimostrato il modo in cui le diverse strategie di insegnamento basate sul “modeling”, ad esempio la tecnica dell’apprendistato cognitivo, dell’insegnamento reciproco e della facilitazione procedurale, portano ad un apprendimento significativo e condiviso da tutti gli student

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UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA
Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
 
La Kangaroo Mother Care
di: Grispu Gianna Sara

La Kangaroo Mother Care

RELATORE: Dott.ssa Anna Domenica Fiori

CORRELATORE: Dott. Arturo Giustardi

TESI DI LAUREA DI: Grispu Gianna Sara

Introduzione

La nascita pretermine comporta, per il neonato, una serie di problematiche legate all'immaturità sia anatomica che funzionale dei vari apparati; il processo di maturazione, che fisiologicamente dovrebbe svilupparsi nell'ambiente intrauterino, si svolge invece in ambiente molto diverso e al quale il neonato non è pronto ad adattarsi. Esso può quindi andare in contro sia a problemi sul piano biologico come: instabilità termica, squilibri metabolici, patologie respiratorie, gastrointestinali, neurologiche ed infettive, sia sul piano relazionale, in quanto i locali sono sovraccarichi di rumore e luci. Queste stimolazioni sensoriali precoci risultano inappropriate ed hanno effetti negativi nei confronti del benessere del neonato, disturbandolo ed influendo negativamente sui parametri vitali, sugli stati comportamentali, aumentando il dispendio energetico. Il piccolo inoltre si trova lontano dalla madre, in un ambiente impersonale altamente tecnologico. In un' ottica di umanizzazione dell'assistenza al neonato prematuro è stata applicata una tecnica rivoluzionaria nella sua semplicità, si tratta della Kangaroo Mother Care (KMC). Il nome di questo metodo di cura deriva dalla somiglianza con le abitudine dei marsupiali, in cui il piccolo canguro, che nasce sempre prematuramente, viene collocato nel marsupio materno, in un ambiente caldo e contenitivo, nel quale ha la possibilità di alimentarsi, fino al raggiungimento della completa maturazione. Questo metodo fu impiegato per la prima volta nel 1978 a Bogotà, in Colombia, da due neonatologi dell'istituto materno infantile dell'ospedale San Juan de Dios, E. Rey e H. Martinez, come modalità di assistenza, per i neonati prematuri, alternativa a quella tradizionale in termoculla. Tale scelta fu sperimentata per necessità, in quanto negli Ospedali Colombiani non vi erano condizioni ottimali per la sopravvivenza e l'assistenza, tra cui il basso numero di termoculle che portava a sistemare più neonati insieme con conseguente aumento di rischio infezioni e mortalità, e ambienti scarsamente riscaldati. I due neonatologi invitarono la madri a tenere stretti a sé i loro piccoli, nudi, pelle contro pelle. I risultati furono sorprendenti: la mortalità diminuì ed i neonati ebbero in misura inferiore disturbi in genere tipici dei prematuri. Numerosi studi hanno confermato come la Kangaroo Mother Care faciliti in modo più completo l'adattamento e la stabilizzazione del neonato attraverso il contatto pelle a pelle tra madre e bambino, il calore materno, la presenza di un confine al proprio corpo ed ai propri movimenti, assieme all'allattamento al seno precoce ed a tutta quella serie di rumori familiari che permettono al neonato di ricreare l'ambiente che lo ha accolto per molti mesi. In un mondo tecnologicamente avanzato, dove la sopravvivenza dei nati pretermine è molto elevata, la Kangaroo Care non può che rappresentare un' alternativa alle tecnologie assistenziali e rappresentare un utile completamento, finalizzato al miglioramento del benessere e della relazione madre-neonato.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA - ANNO ACCADEMICO 2011/12
 
La care madre-neonato: favorire e ostacolare il bonding neonatale
di: Roscioni Beatrice

La care madre-neonato: favorire e ostacolare il bonding neonatale

RELATORE: Dott. Mercuri Maurizio

CORRELATORE: Dott. Romondia Massimiliano

TESI DI LAUREA DI: Roscioni Beatrice

Introduzione

La presente ricerca ha come oggetto di studio il bonding neonatale, il contatto pelle a pelle e la care madre-neonato considerati parti essenziali del legame che si crea tra il neonato e i genitori al momento della nascita. In questo quadro ci si propone in particolare di indagare come tutti questi elementi siano legati tra loro e alle pratiche assistenziali dei punti nascita, nonché ai professionisti che vi operano. La base di ricerca è nata, durante il tirocinio al nido, dove ho assistito a diversi parti e ho conosciuto una mamma a cui ho raccontato di come le prime ore dopo la nascita siano di fondamentale importanza per mamma e neonato. Poi nominando la parola ‘bonding’ mi sono resa conto che era rimasta in silenzio perché non sapeva di cosa si trattasse. Sono partita da qui, da questa domanda, per formulare il quesito che sarebbe stato l’oggetto del mio studio per la tesi; cioè il primo legame mamma-bambino (altrimenti detto “bonding”). In quell’esperienza, mi sono resa conto quanto meravigliosi e delicati siano i momenti della nascita di un bambino ma anche del ruolo e dell’impatto che le figure che entrano a far parte di quei momenti hanno. Ho iniziato così a documentarmi sull’argomento in diversi modi (internet, libri, esperti, persone) a verificare l’effettiva conoscenza generale su questo argomento. Mi sono resa conto, così, di come il bonding sia una pratica ancora poco diffusa e dalla sconosciuta importanza, con lacune di informazione. Durante tutta la gravidanza la donna viene accompagnata e seguita durante il suo percorso da professionisti sanitari (ostetriche, infermiere e ginecologa), che si accertano che la madre segua le cure prenatali adeguate per garantire la salute del bambino. In questi nove mesi si inizia a creare un legame tra i due che si intensifica sempre di più, fatto di suoni, carezze, odori e sensazioni; tale legame si concretizza alla nascita dove finalmente gli occhi dei due si incrociano per la prima volta e inizia così a crearsi quel nodo d’amore destinato a durare per tutta la vita. Ecco perché è molto importante permettere che il processo di attaccamento madre-neonato ,già prima, ma ancor di più subito dopo la nascita sia favorito nel modo corretto. Devono essere, pertanto, considerati gli elementi che compongono il bonding (privacy, ambiente, contatto pelle a pelle, rooming.in, allattamento precoce…); per fare in modo che questo avvenga è necessario che la struttura e i professionisti che ci lavorano condividano tale pratica, siano adeguatamente formati (ed eventualmente la documentino nella cartella infermieristica in una sezione apposita). Essenziale è che, il professionista nel suo operare, non vada ad ostacolare tale processo con attività e tempi non raccomandati.

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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA - ANNO ACCADEMICO 2011/12
 
Impatto della modalità del parto e del bonding su ansia e tono dell’umore materno: studio prospettico su 440 pazienti
di: Clerici Cristina

Impatto della modalità del parto e del bonding su ansia e tono dell’umore materno: studio prospettico su 440 pazienti

RELATORE: Dott. SERATI MAURIZIO

Presidente: Chiar.mo Prof. Pierfrancesco Bolis

TESI DI LAUREA DI: CLERICI CRISTINA

Introduzione

Da diversi anni il mondo scientifico ha richiamato l’attenzione sull’umanizzazione dell’evento nascita e delle cure neonatali: l’appello a “una nascita senza violenza” (Leboyer, 1974) ha stimolato numerose ricerche nel campo dell’attaccamento e delle metodiche legate al parto, sottolineando i benefici per il neonato di un approccio più naturale e meno medicalizzato (The Cochrane Collaboration, 2009). Mentre in molte culture il neonato è sempre stato lasciato tra le braccia della mamma ancora svestito dopo il parto, nelle società industrializzate si è assistito all’adozione da parte degli ospedali di pratiche che interferiscono con il processo fisiologico della nascita e soprattutto della creazione del legame mamma-papà-bambino: spesso il neonato, subito dopo il taglio del cordone ombelicale viene lavato, asciugato, sottoposto alle profilassi, misurato, vestito e solo allora riconsegnato alla mamma; Invece di essere accolto dalla figura materna e sperimentare attraverso essa, in maniera graduale, la realtà extrauterina, viene sottoposto a una serie di stimoli invasivi che interrompono un periodo di eccezionale unicità come il “periodo sensitivo” (cosí definito da Klaus e Kennel). Se quindi si conoscono i vantaggi offerti al neonato dal precoce contatto con la madre, poco studiati sono ancora invece gli effetti di questa vicinanza fisica ed emotiva immediata sulla madre stessa. Dal mese di Agosto del 2011 è stato introdotto presso l’Ospedale Filippo del Ponte di Varese un protocollo relativo alle modalità di cura dei neonati sani al momento della nascita. Le disposizioni hanno modificato in maniera importante l’attività dei reparti Nido e Sala parto, spingendo gli operatori a proporre alle pazienti gravide il contatto pelle a pelle dopo il parto, spiegandone vantaggi e implicazioni, e a ritardare a 2 ore dopo la nascita le procedure di cura del neonato fino ad allora attuate immediatamente dopo la nascita. Si è resa così necessaria una sorveglianza più intensa del neonato da parte del personale ostetrico di Sala Parto e un dilazionamento nel tempo delle attività del personale infermieristico e medico del Nido, con le relative difficoltà. Dall’osservazione di questa realtà in mutamento e noti i benefici per il neonato e per la sua relazione con la madre, è nata l’esigenza di approfondire la conoscenza degli effetti che il bonding può avere sulla neomamma, sul suo stato emotivo e sui vissuti di ansia. Sappiamo infatti che sintomi depressivi durante il post partum possono influire negativamente sullo sviluppo di una solida relazione mamma-bambino (Brockington et al. 2001) e che le donne che li sperimentano possono provare sentimenti negativi, di rifiuto e negligenza per il neonato, il quale, nel secondo anno di età, ha più probabilità di rivelare un attaccamento insicuro nei confronti del genitore (Murray 1992; Teti et al. 1995). Poco indagati sono invece gli effetti degli stati ansiosi sul legame tra la mamma e il suo piccolo dopo il parto e nei pochi studi presenti in letteratura (Edhborg et al. 2011; Figuereido e Costa 2009) i risultati sono contrastanti. Un altro aspetto da considerare a proposito della relazione tra mamma e bambino è il ruolo che la modalità del parto ricopre in termini di influenza nella formazione di questo legame. In particolare è stata studiato il legame tra tipo di parto e la probabilità di sviluppare depressione post partum. L’ultima review presente in letteratura (Carter et al.2006) considera 24 studi sull’argomento, dei quali 15 non hanno rilevato associazione tra taglio cesareo e depressione puerperale, un recente studio condotto su una vasta popolazione norvegese (SS Adams et al. 2011) non riporta differenze significative tra le diverse modalità di parto in relazione a un distress emotivo nel puerperio e uno degli studi più recenti, condotto in Canada (Sword et al. 2011) ha invece rilevato una correlazione tra il taglio cesareo e una probabilità più alta di sviluppare depressione post partum ma solo per le donne nate nello stato in cui veniva condotto lo studio. I dati possono quindi considerarsi non del tutto univoci; inoltre nella maggioranza degli studi al campione è stato somministrato il test per l’identificazione del rischio di depressione non prima di 6 settimane dopo il parto, escludendo temporalmente, come vedremo nel paragrafo dedicato ai disturbi dell’umore dopo il parto, l’insieme di emozioni e vissuti negativi che va sotto il nome di baby blues, i cui effetti sul legame mamma-bambino non possono essere ignorati. In letteratura non viene inoltre considerato bonding post partum come possibile fattore influente sullo stato emotivo materno, ma solo il contrario. Fermo restando gli effetti positivi già ampiamente dimostrati in letteratura del bonding sul neonato, che indicheremo nel dettaglio nei paragrafi seguenti, ottenendo anche un’evidenza sulla correlazione tra la pratica del contatto pelle a pelle nel post-partum e uno stato emotivo materno piu positivo, disporremmo di un’ulteriore conferma dell’importanza del bonding per il neonato e uno di uno strumento in grado di potenziare la capacità innate di accudimento della mamma e migliorare il suo vissuto della nascita, oltre che un nuovo argomento per stimolare i professionisti impegnati nel campo della maternità a motivare le mamme alla pratica del bonding.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN OSTETRICIA - ANNO ACCADEMICO 2011/12
 
Prevenzione e gestione del dolore nel feto e nel neonato: analisi della letteratura
di: Mongiardino Irene

Prevenzione e gestione del dolore nel feto e nel neonato:
analisi della letteratura

RELATORE: Dott. Martano Claudio

 

TESI DI LAUREA DI: Mongiardino Irene

Introduzione

Obiettivo principale del mio lavoro è quello di riportare una modalità di assistenza basata sull’attenzione ai bisogni primari della persona assistita nei reparti di Ostetricia e Neonatologia e nelle Unità d Terapia Intensiva Neonatale.
Il motivo che mi ha spinto a ricercare e scrivere la Tesi di Laurea su quest’argomento è nato durante il tirocinio nei tre anni del Corso di Studi: durante questa esperienza sono stata colpita dal lavoro attento, scrupoloso e rispettoso di medici ed infermieri nei confronti di questi piccoli pazienti.
Assistendo a vari convegni di neonatologia, ostetricia e bioetica ho conosciuto una realtà a me totalmente sconosciuta: questi piccoli esseri viventi provano dolore. Tutto ciò mi ha spinto a desiderare di promuovere ed approfondire ulteriormente questi temi. Ho contattato diversi esponenti in questo campo, Prof. Martano, Prof. Fabris, Prof. Bellieni, Prof. Volta, Prof. Giustardi, Prof. Anand con 9 cui ho discusso, spesso telematicamente, di questi argomenti, e che mi hanno aiutato inviandomi alcuni loro studi. Il mio lavoro è stato effettuato utilizzando il famoso motore di ricerca di articoli scientifici, PubMed, e utilizzando come “mesh” le parole “fetus”, “pain”, “newborn”, “K.J. Anand” e “C.V. Bellieni” ho analizzato circa 90 elementi tra articoli di riviste scientifiche, revisioni sistematiche, testi e monografie.
Ho basato la mia analisi soprattutto su due autori: K.J. Anand, professore di neonatologia ed esperto mondiale sul dolore fetale e neonatale, e C.V. Bellieni professore di neonatologia ed esperto nazionale in questo campo.
Ho suddiviso il mio lavoro in tre grandi aspetti: il primo analizza le strutture anatomiche che percepiscono e modulano lo stimolo dolorifico, la loro formazione e il loro sviluppo già dalla vita intrauterina; la seconda parte si occupa della prevenzione e della gestione del dolore nel feto; la terza ed ultima parte riguarda la prevenzione e la gestione del dolore nel neonato, considerando sia il neonato pretermine sia il neonato nato a termine di gestazione.

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Università degli Studi di Torino FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN OSTETRICIA - ANNO ACCADEMICO 2007/2008
 
La gestione infermieristica del bambino con disturbi del modello del sonno
di: Ruocco Olimpia

La gestione infermieristica del bambino con disturbi del modello del sonno

RELATORE: DOTT.ssa Clelia Esposito

 

TESI DI LAUREA DI: Ruocco Olimpia

Introduzione

Il bambino è un soggetto in divenire, in stretta relazione con persone che lo influenzano e immerso in un contesto sociale che lascia su di lui il suo segno; il bambino ha bisogno di tutto ciò che può favorire l'evoluzione della sua autonomia. Deve essere inserito progressivamente in gruppi sempre più ampi ed articolari, capaci di prepararlo alla vita sociale, ma occorre considerarlo una persona dotata di ideazione e di intenzionalità proprie, soggetto cosciente capace di orientarsi nella vita e di raggiungere, con la riflessione e l'azione, l'affermazione e la realizzazione piena del suo sé.
Durante lo sviluppo, emergono dei "bisogni", provenienti dall'interno o dall'esterno della persona.
Il bisogno crea una rottura dell'equilibrio ma se esso viene soddisfatto, l'equilibrio viene ristabilito, mentre se non riceve alcuna risposta (o una risposta inadeguata) tale bisogno causa un disequilibrio "permanente".
Lo sviluppo di un bambino è quindi costellato da un susseguirsi di equilibrio - bisogno - nuovo equilibrio. Questo è ciò che permette al bambino di proseguire sulla scala dello sviluppo e di trovare un equilibrio sempre più completo ed elaborato. E' dunque molto importante conoscere quali sono i bisogni del bambino per poter dare risposte adeguate che permettano un regolare sviluppo.
Tutto ciò, presuppone da parte dell'adulto e del professionista pediatrico conoscenze per interventi adeguati a favorire il raggiungimento del benessere. La conoscenza infermieristica è basata su modelli teorici di riferimento come quelli di D.Horem, V.Henderson, Maslow, ed altri.
Tutti i modelli teorici applicati all’età evolutiva contengono una visione completa ed esaustiva dell’assistenza, non scontata e attenta ai bisogni del neonato, bambino e dell’adolescente nonché del nucleo familiare. Le teorie infermieristiche considerano il soggetto pediatrico un essere bio-psicosociale in continua relazione con l’ambiente esterno che durante la sua vita può presentare, rispetto al continuum salute-malattia, situazioni di bisogno diversificate relativamente all’età ed alla patologia stessa; basti pensare ai problemi legati allo sviluppo psico-motorio, alla nutrizione, ed alle malattie croniche.
Il sonno è considerato uno dei bisogni essenziali legati alla natura dell’essere umano e, come ciascun bisogno specifico si basa su 3 criteri:
-proviene da un bisogno fondamentale
-costituisce una necessità individuale
-esprime le esigenze dell’essere umano e della famiglia.
La ricerca infermieristica ha mostrato come diversi fattori possono influenzare positivamente la realizzazione di un sonno tranquillo e ristoratore ed altri agire come elementi disturbanti il sonno stesso.
Lo scopo del presente elaborato è quello di mostrare come la competenza infermieristica cui si perviene attraverso un percorso di studi multidisciplinari e mirati alla pediatria e fondati sulle migliori evidenze scientifiche applicate al nursing consenta all’infermiere pediatrico la realizzazione di interventi assistenziali capaci di realizzare obiettivi finalizzati al raggiungimento ed al mantenimento dello stato di benessere del paziente in età evolutiva. A tanto non si può escludere un processo di educazione continua e di sostegno al paziente durante il percorso della malattia che in molti casi per i caratteri della cronicità costringe in alcuni periodi ad un contatto ospedale famiglia quasi giornaliero.

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SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA PEDIATRICA - ANNO ACCADEMICO 2010/2011
 
Clampaggio del cordone ombelicale: la scelta del timing tra vecchi dibattiti e nuove evidenze
di: Casula Clizia

Clampaggio del cordone ombelicale:
la scelta del timing tra vecchi dibattiti e nuove evidenze

RELATORE: DOTT.ssa Elsa Del Bo

CORRELATORE: Dott. Gianfranco Perotti

TESI DI LAUREA DI: Casula Clizia

Introduzione

A conclusione di un percorso di studi difficile ma estremamente stimolante dal punto di vista culturale e umano, credo che la tesi debba essere un ulteriore strumento messo a nostra disposizione volto ad un ragionamento che spazi tra gli ambiti di interesse affrontati e non completamente approfonditi. Credo inoltre che essa debba rivelarsi utile per il futuro professionista ai fini di una corretta pratica clinica.
Lo scopo di questo scritto è quello di indagare gli effetti sull’outcome materno e neonatale legati al timing del clampaggio del cordone ombelicale alla nascita.
E’ stata quindi esaminata la letteratura scientifica su questo argomento con particolare attenzione verso gli studi più recenti dell’ultima decade. Attualmente non vi sono linee guida ufficiali chiare ed omogenee, vi sono però numerosi suggerimenti ed evidenze di alto livello che ci indicano quale possa essere l’approccio più corretto a questo intervento per la diade madre-bambino.

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Università degli Studi di Pavia
IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia
 
A.I.C.I.P.

Società Italiana per la Care in Perinatologia
Numero REA MI2039270
Codice fiscale 90043670216
Presidente: Arturo Giustardi
 
visitatore n°: 1332140

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lunedì 15 luglio 2024


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